(f.z.) L’episodio evangelico di questa domenica può dirsi composto di due parti: nella prima, ancora legata alla figura di Giovanni il Battista e alla dimensione profetica, il punto fondamentale riguarda la presenza di Gesù Cristo come luce che sorge nelle tenebre; nella seconda, ambientata anch’essa in Galilea, la narrazione è incentrata sulla vocazione dei primi discepoli.
Il collegamento tra queste due parole non è immediato: se, infatti, la luce (e le tenebre che ne vengono vinte) pertiene al senso della vista, la vocazione (o chiamata) è qualcosa che si verifica nel campo dei suoni e, per sua natura, viene percepita attraverso l’ascolto di parole, come capita ai primi quattro che diverranno “pescatori di uomini”.

Il rapporto tra i due concetti può essere chiarito tramite il riferimento ad alcune opere d’arte. Prendendo in considerazione le rappresentazioni pittoriche delle “chiamate”, viene subito alla mente la stupefacente Vocazione di San Matteo di Caravaggio, ma esiste anche una meno nota Vocazione dei Santi Pietro e Andrea, attribuita allo stesso pittore. In entrambi i casi, la presenza di Gesù è accompagnata dalla luce, che risulta un elemento fondamentale, in quanto rivela istantaneamente la presenza divina anche senza che essa sia descritta a parole e segna un punto fondamentale di cesura tra la vita precedente e quella successiva alla chiamata.

Possiamo arrivare alla medesima conclusione prendendo spunto anche da una forma d’arte che si nutre necessariamente di parole come la poesia. Il poeta e sacerdote Clemente Rebora (1885-1957) ebbe una vita tormentata e nettamente suddivisa in due parti, separate dalla crisi religiosa che lo portò alla conversione e poi all’ordinazione presbiterale quand’era già cinquantenne.

Una volta abbracciata la Fede, quasi abbandonò la poesia: «Questo mio torrente – scrisse il poeta nel dicembre del 1937 al fratello Piero che gli chiedeva nuovi componimenti – non ha che ciottoli poiché le acque della grazia si inalveano altrove». Propose poi, a chi gli aveva manifestato l’intenzione di raccogliere in volume tutti i suoi versi, di radunare gli ultimi, d’impronta devota, «sotto la dicitura: Dopo la Luce». Anche in questo caso, la presenza del Signore sotto forma di luce dava un senso alla vocazione e diradava la necessità di parole.

Mt 4,12-17 (forma breve)

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».