(Ferdinando Zorzi)

Fra i molti passi biblici, evangelici in particolare, che parlano di vino e vigne e ne fanno un perfetto ambito di paragone con il regno dei cieli, questo viene proclamato proprio nel periodo in cui, nel nostro Canavese, ferve la vendemmia, culmine della coltivazione della vite e raccolta del “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”.

Il racconto del padrone che prende a giornata numerosi lavoratori in tempi diversi, pagandoli poi tutti allo stesso modo, ha una chiara spiegazione finale: il Signore è buono e giusto e vuole che tutti prendano parte alla pienezza della vita, soprattutto gli ultimi arrivati, che rischiavano di essere perduti.

Tuttavia, dal punto di vista razionale (e forse anche un po’ utilitaristico) a cui siamo abituati, è difficile accettare che a una diversa quantità di lavoro corrisponda la stessa paga. La lavorazione della vigna ha però delle caratteristiche particolari: anzitutto, per quanto essa possa essere coltivata egregiamente da una sola persona, ci sono momenti nel corso dell’anno (e la vendemmia è uno di questi) in cui c’è bisogno di altre persone: alla fine, nella vigna come nel regno dei cieli, non si è soli, anzi è opportuno ritrovarsi in tanti.

Poi, è bene che nella vendemmia vi siano persone con caratteristiche diverse: serve la forza fisica dei giovani come servono la pazienza e la saggezza degli anziani. Serve la statura degli alti, per arrivare a staccare i grappoli più elevati, come servono i più bassi, che vedranno meglio l’uva tra i pampini. Servono la resistenza e la delicatezza delle donne, come servono l’entusiasmo e la freschezza dei bambini.

È evidente che, se ognuno ha lavorato secondo le sue possibilità, la paga non può che essere uguale per tutti, primi e ultimi. E il prodotto finale di questo lavoro “da regno dei cieli” è stato degno di essere scelto da Gesù Cristo come sostanza del Suo preziosissimo Sangue.

 

Mt 20,1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».