Il Vangelo di oggi può insegnarci tre cose su cui faremmo meglio a riflettere, e che sono così complesse che non si possono che accennare nel nostro breve spazio: la prima è il coraggio di Gesù, che dev’essere anche il nostro, di sfidare il disgusto per raggiungere coloro che si ama.
Gesù infatti si avvicinava anche a coloro che erano considerati più reietti e su sentieri sbagliati. Non importa quanto l’altro possa farci schifo, per le sue azioni, le sue colpe, il suo atteggiamento, fino al suo vestire; dobbiamo avere il coraggio di amare e di tendere la mano, di raggiungere l’altro, di essergli vicino. Chiudersi nelle proprie vite, quando ci sentiamo perfetti o per lo meno sicuri nel nostro ordine e nella nostra pulizia, questo è il miglior modo per diventare delle tombe imbiancate.
Non dobbiamo aver paura di tendere la mano verso l’altro, anche quando questo vuol dire sporcarsi le mani, scendere nel fango. Bisogna avere il coraggio della verità anche quando questo è rischioso, tentare di portarla nelle situazioni umane più corrotte e disperate, senza chiudere gli occhi. Mai l’indifferenza. Essa, come dice Borsellino, significa complicità. La seconda cosa, è che Gesù ci risolleva sempre, non c’è mai l’ultima parola, non c’è mai una morte senza resurrezione.
Anche noi, al nostro disperato “è morta”, possiamo sentirci rispondere un gioioso: “Non è morta, ma dorme”. Mai perdere la speranza, mai darsi per vinti, confidare in Dio e rimettere le nostre vite nelle sue mani confidando nella Sua salvezza. Perché questo può salvarci.
Mai smettere di confidare sul fatto che Gesù, come dice la canzone irlandese, vive “go deo im’chroí” (per sempre nel mio cuore) e possiamo sempre ritrovarlo per trovare la Sua Parola. La terza cosa, è che non dobbiamo mai perdere la fiducia che anche solo sfiorando il suo vestito saremo salvati. Certo, riesce difficile talvolta crederlo, dopo tutte le volte che abbiamo gridato il nome di Gesù, che ci siamo stretti anche alla Sua gamba e non solo al Suo vestito, eppure ci è parso che le nostre preghiere non fossero esaudite.
No, Dio non delude, e no queste non sono metafore. Ma ricordate che non vi è preghiera fuori da quella di Gesù: “Sia fatta la Tua volontà, non la mia”. Non dobbiamo mai dubitare che la preghiera trasformi i nostri fallimenti facendone vittorie, con gli occhi della fede noteremo i prodigi di Dio. A volte, “la vita scaturisce dalla morte” (come direbbe Pearse), per vincere serve morire, e vincere sarebbe la vera morte.
un giovane della diocesi