Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.

I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)

(Elisa Moro)

“Vegliate!”, è l’appello del cuore di Dio al cuore dell’uomo, immerso nella notte del peccato, “nelle tenebre e nell’ombra di morte” (Sal. 87, 3) di ogni epoca e di ogni luogo: con questa parola, ripetuta per tre volte da Gesù nel brano del Vangelo di Marco (Mc. 13, 33-37), la Chiesa entra nel tempo dell’Avvento (adventus: venuta), tempo proprio della condizione esistenziale del credente in Cristo, che, ricolmo di nostalgia, persevera nella preghiera, gridando: “Maràna tha! Vieni, Signore” (1Cor 16,22; Ap 22,20)

Il Signore viene, “e sursum Agnus míttitur” (“è inviato l’Agnello dall’alto”, come ricorda l’Inno delle Lodi in Avvento), e occorre preparare degnamente la dimora del cuore “con viva gioia, per il dono che ci viene fatto e con profonda riconoscenza per l’amore dimostrato” (San Bernardo, Disc. 4 Avvento, 1. 3-4).

Egli però, come richiama fortemente il Vangelo odierno, non solo è già venuto, ma tornerà definitivamente, alla fine dei tempi, nella gloria (Mt. 25, 31), nella seconda e definitiva venuta. Ecco la vigilanza incessante, animata dall’intima speranza di incontrare il Signore, come ricorda il Salmo: “Io spero nel Signore, / l’anima spera nella sua parola. / L’anima mia attende il Signore / più che le sentinelle l’aurora” (Sal 129,5-6).

È l’occhio dell’anima a vigilare, a badare “insonne, da sentinella” (Basilio, Om. Bada te stesso, p. 31, 201) e ad abbozzare i primi passi di questo cammino di incontro, che implica anche un riconoscimento della povertà individuale, della totale fragilità, descritto perfettamente da San Giovanni Crisostomo: “si cammina per un sentiero stretto e pericoloso, andando lenti, sobri e vigilanti. Chi si mette per tale sentiero, non porta con sé il superfluo, ma preferisce essere libero, per fare meglio il suo viaggio… E noi, noi inceppati da ostacoli, accasciati sotto il peso di mille bisogni, noi distratti, come possiamo sperare di muoverci senza cadere?” (Homil. XXII).

Questo tempo, “di salute, di pace e di riconciliazione” (L. Past., San Carlo Borromeo, t. 3 p. 481), non cronologico e determinato dalla frenesia quotidiana (kronos), ma di ritorno al kairos, “in interiore homine” (“nell’uomo interiore”, Agostino, De vera religione, XXXIX, 72), sia propizio a spalancare le porte della fede “al re della gloria”.

L’anima “ha le sue porte, il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare” (dal “Commento al Salmo 118” di Sant’Ambrogio, nn. 12. 13-14).

(Mc 13,33-37)  In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.