(di Cristina Terribili)
Belli i ragazzi per le strade a manifestare. Tanti, colorati, gioiosi, creativi, in tante piazze, in tutta Italia, in tante parti del mondo. Belli perché la causa per la quale erano in piazza è giusta. Giusta per tutti. Che pena invece i grandi che non hanno affiancato i ragazzi, che hanno cercato di ridicolizzare in ogni modo questa espressione di responsabilità giovanile, di sminuire, di svalutare invocando tanti perché. Non importa saper spiegare alla perfezione che cos’è il buco dell’ozono, l’importante è esserci perché l’ambiente riguarda tutti.
Hanno fatto pena i commenti di alcuni adulti che hanno dovuto chiarire che se Greta Thunberg, ha fatto quello che ha fatto, è solo perché autistica (i colti hanno invece usato il termine “affetta dalla sindrome di Asperger”). Come a dire che si è malati se ci si prende a cuore una causa. La lotta per la difesa dell’ambiente richiede che tutti si cambi, che l’etica diventi l’unico obiettivo possibile, che la responsabilità non potrà più essere solo appannaggio di un singolo o di pochi ”strani” eletti, ma che deve guidare ogni progetto.
Le parole raccolta differenziata, riuso, riciclo, economia circolare, sono per molti delle azioni quotidiane. Forse non facili da definire, però azioni che si compiono e che portano benefici, piccoli ma significativi in tutti gli ambiti della vita.
Chi desidera le cose in modo diverso da quanto viene propinato e ne parla ed è in grado di argomentare le proprie posizioni con toni corretti e pacati obbliga al cambiamento. Se tutti chiedessero di lavorare in posti sicuri, di vivere in città sicure per la salute ambientale, se le persone rifiutassero in massa un determinato prodotto perché non rispetta l’ambiente, obbligherebbero ad un cambiamento. Le campagne di informazione, i documentari sugli animali, le giornate mondiali che scandiscono le nostre giornate, non sono solo un ritornello privo di contenuti. Tutti questi messaggi hanno cominciato a circolare, una comunicazione sempre più efficace ha cominciato a spargersi e, anche attraverso i social, l’informazione è diventata mobilitazione e movimento.
Il cambiamento climatico lo stiamo subendo e non è una leggenda metropolitana, il meccanismo che si è innescato si deve interrompere, e subito. Costi quello che costi.
I ragazzi ci hanno messo la faccia, hanno fatto capire che possono staccarsi dal video del telefonino e camminare, cantare, chiedere e fare richieste. Hanno dimostrato che possono essere elettori, un domani, consapevoli di ciò che si è fatto e di cosa non si è fatto; che possono pretendere risposte chiare e precise e che saranno capaci di accorgersi se i loro interlocutori argomentano solo con parole e mai con i fatti.
I giovani di venerdì scorso hanno fatto capire che il loro tam tam supera lo spazio dei paesi, delle città nostrane per diventare europei, per connettersi con tutto il mondo. Chi ha partecipato potrà dire “io c’ero”, potrà andare fiero di proseguire l’impegno, di essere un esempio. Ora l’impegno va mantenuto tutti i giorni, facendosi sentinella, invitando tutti ad essere migliori, a scrollarsi di dosso quell’etichetta di giovani come persone dedite solo al consumismo e capaci solo di correre dietro all’ultimo modello di qualsiasi oggetto proponga la moda del momento.
Questi giovani che hanno usato la testa, il cuore, che si sono mossi al di là di ogni aspettativa meritano di essere incoraggiati, protetti, sostenuti. Affinché si smentiscano i luoghi comuni e affinché possa essere chiaro chi è il problema. Ogni persona, presente alla manifestazione, non conta solo come individuo ma conta come persona in relazione con un mondo che è in grado di muovere le economie. Se tutti ne fossero consapevoli, realmente si potrebbe cominciare un percorso virtuoso.