IVREA – Oltre 200 persone hanno affollato, giovedì sera della settimana scorsa, il salone dell’Orato- rio San Giuseppe ad Ivrea, per un incontro chiesto dal vescovo monsignor Daniele Salera nel suo messaggio per la Quaresima, allorquando sollecitava la costituzione di Consulte della Carità parrocchiali e vicariali.

Molto più che un incontro operativo, si è trattato di una “lezione” sul metodo sinodale offerta dal vescovo stesso e che ha tenuto viva l’attenzione dei presenti per i 45 minuti in cui è durata. Senza mai neppure pronunciare la parola “sinodo” il vescovo ha in realtà indicato come applicare la sinodalità alla carità (tema caro al periodo quaresimale) la- sciando ben intendere che questo metodo è applicabile a tanti (per non dire tutti) gli ambiti della vita ecclesiale.

L’insegnamento del vescovo

Lo schema di monsignor Salera diventa chiaro dopo averlo ascoltato e assimilato, probabilmente un approccio che non tutti si attendevano in quella serata in cui sembrava dover prevalere il tema della “consulta della carità” nelle sue sfaccettature pratiche, nel provare ad affrontare i problemi da risolvere in favore di tanti beneficiari.

Ma prima di tutto questo – ha detto il vescovo Daniele – c’è il discerni- mento comunitario ben insegnato dal capitolo 15 degli Atti degli Apostoli: “Il discernimento comunitario dà rilievo ai carismi e ai ministeri che animano la comunità cristiana, non si sostituisce ad essi attraverso votazioni a maggioranza o mozioni d’ordine. Lo si vive perché si ha bisogno di capire come relazionarsi alla realtà o a particolari eventi della vita comunitaria in accordo con lo Spirito. È dunque una delle esperienze più esaltanti dell’intervento della grazia nel vissuto quotidiano delle comunità cristiane, ed insieme una delle più alte espressioni della libertà del- l’uomo”.

L’esempio degli apostoli

I partecipanti alla serata sono posti davanti alle situazioni vissute dagli Apostoli: la scelta di Mattia come colui che avrebbe dovuto colmare il vuoto creatosi con la morte di Giuda Iscariota, la soluzione trovata attraverso l’elezione e la consacrazione dei sette diaconi per risolvere il problema dell’iniqua distribuzione degli aiuti alle vedove, e ancor più eloquente, il fatto che ad Antiochia Paolo e Barnaba sono criticati da alcuni credenti di origine giudaica che ritenevano necessaria la circoncisione per essere salvati. Dissentono, ma si rendono conto di doverne venire a capo poiché il tema è pressante. Come fare?

Il vescovo indica il metodo per mettere a fuoco il processo di discernimento comunitario così come il libro degli Atti stesso ne parla: “Si parte da una questione specifica, un problema da risolvere, una novità da affrontare per la quale non si hanno soluzioni o se ne hanno diverse, il che rischierebbe di provocare una situazione di stallo o un conflitto – dice monsignor Salera -. Ci si ascolta pacatamente, dando a ciascuno la possibilità di esprimersi e riconoscendo il ruolo o il ministero come voluto dal Signore, si è docili alla Scrittura, non si vota, non si decide a maggioranza, ma si dà modo a chi è a capo della comunità di arrivare ad una sintesi, si constata quali considerazioni generano un consenso spontaneo fra i partecipanti e fanno vivere già qui ed ora un’esperienza di comunione. Ed infine si dà rilievo all’effetto che la decisione presa produce nel gruppo o in chi usufruisce dell’esito finale”.

Il metodo sinodale

A margine di tutto questo è importante – fa notare il vescovo Daniele – che non si seguono i percorsi delle idee, non si condivide ciò che ciascuno pensa sia meglio, non si parte dalla certezza di possedere la verità, bensì si condivide l’esperienza che il Signore ha fatto compiere a ciascuno degli astanti, si condivide l’illuminazione che il Signore ha donato alle menti, la conversione dei cuori che oggettivamente è stata provocata da Colui che è il vero “autore della vita”.

Una lezione di metodo che, se assimilata dalla Chiesa in tutte le sue componenti, è certamente destinata a portare frutti.

Sul prossimo numero proporremo il commento alla serata e alle proposte del Vescovo Daniele, da parte di alcuni sacerdoti presenti all’incontro di mercoledì scorso. Su questo numero raccogliamo invece le reazioni a botta calda di alcuni laici presenti.

Per Marina (parrocchia della Cattedrale), la serata ha avuto un esito positivo: “semplice e coraggiosa la proposta del vescovo, che potrà fare del bene prima di tutto a noi, alla nostra comunione diocesana” e che “ci ha chiarito innanzitutto come ci sentiremo quando avremo raggiunto ciò che comunitariamente ci proponiamo di individuare: saremo contenti. L’attenzione è stata posta sul metodo, il processo nel quale siamo invitati a lasciarci coinvolgere. Non un compito che dovrà risultarci pesante e difficile. Avrà, tanto per cominciare, i Suoi tempi: quelli del Signore”.

Per Barbara (Parrocchia del Borghetto) “le persone hanno risposto con entusiasmo all’invito e l’accoglienza è stata calorosa e affettuosa; il clima iniziale di curiosità e attesa si è trasformato in un momento di vicinanza e comunione di intenti. Sono fiduciosa nel percorso di Quaresima Comunitaria: occorrerà considerare il viaggio con gli occhi e il cuore del forestiero e del migrante, portando con sé solo l’essenziale, altrimenti il cammino sarà troppo faticoso. Se sapremo essere comunità, quel modo di discernere nell’ambito della carità potrà funzionare. Probabilmente costruire- mo elementi, passaggi e risultati che oggi non riusciamo ad immaginare, cresceremo insieme, coinvolgendo persone e famiglie giovani che hanno bisogno di luoghi di maturo discernimento. La serata è stata un inizio in un processo di crescita e ne abbiamo colto il messaggio perché ne sentivamo il bisogno”.

Anna, Rosanna e Robertilla, arrivate da Rivarolo, ci dicono che quello del Vescovo “è stato un intervento chiaro, conciso: ci ha assegnato un compito specifico, con indicazioni precise sul metodo di lavoro. La Consulta della Carità ci aveva incuriosite, non capivamo bene che cosa si intendesse, di primo acchito pensavamo si parlasse di cose concrete e inerenti al settore… siamo di fronte ad un nuovo modo di procedere nell’ambito della Carità, lavorare in comunione di preghiera e riflessione: non eravamo abituate, dobbiamo imparare ad ascoltare e condividere di più”.

Per Giovanni, della parrocchia di San Lorenzo di Ivrea, l’incontro “è stato alla fine quello che mi aspettavo: l’avvio di una nuova stagione di risveglio per favorire nella popolazione un forte spirito cristiano attento ai problemi sociali che funzionerà se si riuscirà a sviluppare una maggiore rete di rapporti e di informazioni. La trattazione biblica è stata un buon mezzo per meglio invogliare i partecipanti ad accrescere l’impegno per le attività caritative col metodo sinodale”.

Morena di Orio Canavese confessa invece che quanto emerso dalla serata “non era quello che mi aspettavo, ma ne sono rimasta positivamente sorpresa. È stata un incontro davvero interessante, mi ha trasmesso fiducia che come comunità cristiana possiamo sicuramente fare qualcosa in più per il prossimo col metodo del sinodo, camminare tutti insieme condividendo ciò che il Signore ci ha illuminato, ricordandoci che il vero autore della nostra vita è Dio”.