Occhi lucidi. Non di pianto disperato ma di commozione gioiosa. Gemme preziose che brillano, spiragli di luce dell’anima. Lui è Gabriele Maria, 20 anni, potentino, studia Filosofia alla Lateranense a Roma. Mi racconta la gioiosa storia di suo padre Francesco, volato in Cielo a ottobre per un cancro fulminante a fegato e stomaco. L’ossimoro è dietro l’angolo ma in questo caso l’aggettivo è calzante. In due settimane il papà ha scoperto e portato a termine il suo calvario.
“Sono state le settimane più belle della mia vita – spiazza Gabriele –, perché abbiamo potuto toccare con mano la verità della nostra fede”. Papà Francesco, terziario francescano e poliziotto, ha sempre testimoniato Cristo in famiglia, anche prima della malattia. Testimoniato, non imposto. Libertà nella conoscenza dunque, e i frutti si vedono: dei due figli uno è francescano minore e l’altro, Gabriele, è una delle persone più innamorate di Cristo che io conosca.
“L’unica paura di papà era che ci abbattessimo – mi dice Gabriele –. Io e mio fratello l’abbiamo vissuta come un affidamento totale. È stato un dono, ogni giorno la Grazia del Signore si accavallava ad altra grazia. Sembra una follia”. E nel momento più duro Francesco non ha mai smesso di fare il padre, l’orgoglio che Gabriele porta nel cuore per lui è incommensurabile.
Aveva solo un desiderio non compiuto, quello di diventare diacono. Il cammino di preparazione l’aveva svolto per tempo ed era già lettore istituito. Il Vescovo Salvatore Ligorio, che Gabriele ricorda in quei momenti con zelo paterno, decide di ordinarlo diacono in articulo mortis. Si organizza la celebrazione, Francesco torna a casa dall’ospedale per vivere gli ultimi giorni e qui il Vescovo gli impone le mani. Entra in coma quasi subito e muore 2 giorni dopo.
Al capezzale Gabriele non prova sconforto, sente il passaggio del testimone della paternità. Da padre al Padre. E si lascia guidare dalle parole di una sua grande devozione: Santa Gemma Galgani, anche lei orfana a 19 anni. “Il giorno che morì – narra la santa – Gesù mi proibì di perdermi in urli e pianti inutili, e lo passai pregando e rassegnata assai al volere di Dio, che in quell’istante prendeva lui le veci di Padre celeste e padre terreno”.
Così oggi è Gabriele, divenuto come la santa testimone di Grazia. “Non sono orfano, non sento il vuoto. Ora c’è un altro Padre invisibile”.