PROSEGUE IL RESOCONTO DI VIAGGIO DEI TRE SALESIANI DEL CAGLIERO

(terza puntata)

Dopo la visita, facciamo un po’ di ricreazione e tosto riprendiamo a fare il baule: porta di qui, metti di là; proverete, cari compagni, che delizia è mai questa del fare il baule; tuttavia come siamo contenti!.. Si constata perfino un fatto quasi straordinario: Uboldi e Colombo si bisticciano un po’ di meno; e vanno invece d’accordo con Lupi, di dire qualche giaculatoria di più alla Madonna ora che si avvicina il momento della grande partenza… L’accordo dura imperturbato fino a che il turatese Uboldi ha la malaugurata idea di valutare il peso del baule. “Questo”, dice lui, “peserà un cento cinquanta chili”. “Oh, sproposito!”, esclama il turatese Lupi, “non pesa più di 80 o 90 chili. E tu, cosa ne dici, Colombo?”. Ma questi come il solito è molto distratto, e non dice neanche crepa…

Uboldi peraltro ci tiene molto alle sue idee, e non si dà pace fino a che trova un compagno che lo aiuti a portare il baule sulla pesa (per pesa s’intende quella cosa, o meglio quell’apparecchio chiamato comunemente bassaculla, almeno così a Turate ed alla Bovisa, il cui nome giusto è forse basculla o bàscula). Dunque non si dà pace fino a che può portare il baule sulla pesa e così provare che il baule pesa quello che dice lui… Ma, oh nebbia; pesa e ripesa, il baule pesa solo 85 chili… proprio come la pensava Lupi, onde il buon Uboldi non avrebbe che da arrendersi, ma (vedi un po’, furbizia umana!) non ne vuol sapere, e conclude dicendo che forse la pesa è guasta, o forse non è ancora stata bollata. Lupi scrolla la testa, grande segno di magra consolazione come di uno che prende torto volendo aver ragione!

Ma ecco che il baule ci ha quasi rapita la nostra prima giornata ad Ivrea: ci accorgiamo che sono già le 18, e deliberiamo, nel consenso dell’accondiscendentissimo buon Signor Prefetto, di andare alla stazione a ricevere i nostri compagni “Assa-mesi” e “Americani”. E così, via di corsa alla stazione… Dopo un po’ d’attesa, ecco arrivare il treno e scendere gli uni e gli altri insieme ai Magliesi, eccetto Donghi e Primi, e tosto uno sprofondersi da una parte e dall’altra in complimenti e congratulazioni e perfino una lacrimuccia da parte del rivoluzionario Torricelli alla vista del giovinetto Colombo: il Signor Don Cavallini poi chiude degnamente la brigata, e allegri allegri ci avviamo verso casa…

Andiamo subito a ricevere la consueta solenne benedizione, e dopo cena andiamo in teatro dove i nostri compagni Chierici di Lenango, Bugnolo e Gaeta danno un piccolo trattenimento: abbiamo così occasione di rivedere “I due bravi” e diverse esilaranti macchiette…

Infine si dicono le preghiere, e sentiamo la “buona notte” dell’amato Signor Don Carnevale; il quale prendendo lo spunto da tutto e su tutto trae tanti cari pensieri che ci riempiono il cuore di carità e di gioia, rafforzano la nostra volontà di crescere nell’amore a Gesù ed a Maria, e divenire figli di Don Bosco Santo.

Martedì, li 20 Agosto 1935. Ivrea.
Salutiamo questo giorno con un senso di particolare soddisfazione; al nostro primo svegliarci è un alternarsi nella nostra mente di pensieri al Signore e di contentezza nel nostro cuore per trovarci ancora una prima volta, anzi una prima mattina in questa Casa di Ivrea tutta piena di materne provvidenze, tanto sensibili dopo le sane, ma rudi giornate dell’alpeggio a Pracharbon! Ogni cosa cade sotto i nostri occhi pulita, ordinata e migliorata; tutto ci invita a farne uso, e ci convien di concludere che davvero a casa nostra non disponevamo di tanto! Eccoci poco dopo in Cappella: Orazione, S. Messa e Comunione: tanti pensieri, certo più del solito, vengono alla nostra mente: sono le ultime volte che possiamo assecondarli nel nostro bene. Grazie e favori abbiamo da chiedere al Signore Gesù in questi istanti ed in questo caro luogo, sebbene lo stesso Gesù al quale ci sforziamo di parlare lo ritroveremo nella Cappella della Missione!

Terminate le nostre pratiche di pietà, e fatta colazione, ci poniamo senz’altro a scrivere le “Immagini”. Specialmente Uboldi vorrebbe scrivere le immagini, vorrebbe scrivere al Signor Direttore; ma verso mezzogiorno conclude che le immagini non si possono scrivere perché manca il motto, e invita Colombo a mandare un telegrafico biglietto all’amato Padre, per avere un motto di sua soddisfazione.

La mattinata non è trascorsa invano, specie per Lupi, il quale, da buon chierico, ascritto, aspirante missionario, fa certi viaggi attraverso la vigna dell’Istituto Cardinal Cagliero per vedere, e non solo per vedere, certe cose che fanno proprio venire l’acquolina in bocca; e a titolo di conclusione dobbiamo dire che il resto della giornata la passiamo pressapoco così, cioè col voler fare molte cose e col concluderne molto poche…

(prosegue sul prossimo numero)