(Graziella Cortese)
Grazie al lavoro di restauro della Cineteca di Bologna e al progetto di distribuzione “Il Cinema Ritrovato al cinema”, torna nelle sale un vero e proprio cult del genere: forse il film più amato dell’inossidabile coppia Bud Spencer e Terence Hill.
Ci sono molti aneddoti e un bel pezzo di storia del cinema italiano attorno al film di Clucher (pseudonimo del regista Enzo Barboni): la pellicola segnò il tramonto degli spaghetti western all’italiana per convertirli in una nuova serie, in cui primeggiano le scene divertenti, non ci sono morti ammazzati ma solo lunghe scazzottate che paiono scenografie di danza.
Trinità è un giovane e abile pistolero, anche se pigro e indolente: trascorre le giornate facendosi trascinare dal suo cavallo mentre sonnecchia sulla treggia (sorta di slitta che usavano i Nativi americani). Un giorno giunge nella città in cui sorprendentemente scopre che lo sceriffo è suo fratello che non vede da tempo; l’uomo ha per soprannome Bambino: è in realtà un burbero omone grande e grosso che ruba i cavalli e ha sottratto la stella dal petto dello sceriffo ufficiale. I fratelli decidono insieme di dare la caccia al maggiore Harrimann, crudele latifondista locale che perseguita tra gli altri un villaggio di pacifici mormoni.
La celebre colonna sonora con i motivi fischiettati in stile Ennio Morricone è di Franco Micalizzi ed è stata ripresa anche da Quentin Tarantino per il finale del suo “Django”.
Si narra che alcuni produttori rifiutarono la sceneggiatura poichè le pistole non procuravano morti, alcuni attori (tra cui forse Franco Nero) non accettarrono il ruolo a causa della famosa pentola di fagioli col sugo da divorare (Terence Hill ingurgitò tutto sul serio)… E in definitiva le sequenze di Trinità, quasi per intero girato in Italia, nel Lazio e in Abruzzo, rappresentano l’idea di non prendersi troppo sul serio, e veder prevalere i buoni sentimenti sulla stupidità della cattiveria.