(Cristina Terribili)
“Buona fine e buon principio!”, si usava dire in passato. Questa volta, per molti, è stato difficile salvare qualcosa del 2020, anno memorabile e terribile.
Eppure non tutto era da buttare, ci sono stati tanti esempi virtuosi; persone che hanno fatto del bene, chi ha confezionato parrucche gratuitamente da donare alle donne malate di cancro, chi ha raccolto storie di vita delle persone anziane, chi ha salvato tartarughe in difficoltà, chi ha donato generi alimentari, insegnanti che hanno fatto lezione sotto casa degli alunni, chi ha donato la propria paghetta per acquistare mascherine all’ospedale, chi ha riparato vecchi pc per studenti in difficoltà, chi si è organizzato per leggere al telefono agli anziani per contrastare la loro solitudine, chi ha creato stanze degli abbracci, chi ha trasformato il proprio ristorante in una mensa della Caritas, chi ha riparato gratuitamente le auto di medici ed infermieri danneggiate da vandali, chi ha preparato scatole e pacchi di Natale… e tanto altro ancora.
Chissà se il nostro Presidente della Repubblica ha fatto riferimento a tutte queste belle persone quando ha detto che in Italia c’è l’energia giusta per ripartire concretamente verso un nuovo anno, all’insegna della solidarietà, dell’unione e che serietà, collaborazione e senso del dovere, sono necessari per proteggerci e metterci coraggiosamente in gioco, che possiamo preparare il futuro, “che questo è tempo di costruttori”.
E da dove partire se non da noi stessi, come ci invita Papa Francesco, vincendo l’indifferenza, rivolgendo la nostra attenzione a chi ci sta accanto, consapevoli che il danno maggiore che ha causato la pandemia è stato quello di rendere le persone chiuse nella propria solitudine.
La ricostruzione più impegnativa sarà quella del tessuto sociale, riannodare i fili delle persone che da tanto tempo sono isolate, creare nuovi legami senza il timore che possano causare danni, riavvicinare chi è diventato diffidente, chi fa fatica ad esprimere le proprie difficoltà.
La ricostruzione, oltre che economica, deve essere sociale, perché il capitale umano è quello con il valore maggiore, quello di cui possiamo disporre senza fine se ci predisponiamo tutti a riconoscere il nostro essere, la nostra parte, e le qualità degli altri.
Il 21 gennaio 1921 ci fu la prima del film “Il monello” di Charles Chaplin. C’è modo di trarre ispirazione da quel buffo omino vagabondo che si prende cura di un fagottino abbandonato nel degrado e condivide non solo la sua creatività ma anche tutto il suo amore verso un bambino sfortunato.
Dobbiamo provare ad avere proprio quel coraggio che ci viene mostrato nel film, quella incertezza che, unita ad un pizzico di compassione, ci fa pensare di arrivare verso obiettivi mai immaginati prima. Mi pare che abbiamo già potuto fare molto: ora attrezziamoci per completare l’opera.