44 suicidi nelle carceri italiane da inizio anno: gli ultimi 4 in 24 ore ad Ariano Irpino, Teramo, Sassari, Biella. Un’emergenza sottolineata da più parti e in modo energico anche dai sindacati di Polizia Penitenziaria, solitamente occupati a mettere in risalto le difficili condizioni di lavoro degli agenti, il sovraffollamento, il deterioramento di certe strutture, la mancanza di personale (situazioni che anche il carcere di Ivrea conosce bene)…: tutto ciò che giustamente sta a cuore a un sindacato che tutela i propri iscritti.

Ma il comunicato del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) successivo alla tragedia di Biella, è giusto sottolinearlo, apre a considerazioni e proposte che finora non ci era parso di aver mai letto, o comunque non in modo così palese in precedenti comunicazioni (sebbene fossero state discusse nelle opportune sedi, come fanno sapere dall’ufficio del sindacato).

Il Sappe regionale evidenzia che “episodi simili, in un certo modo, portano con sé il fallimento del sistema penitenziario, talvolta incapace di intercettare il disagio dei più fragili che vedono nell’estremo gesto l’unica via d’uscita. Siamo costernati e affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”.

Suggerimenti vengono dal Sappe nazionale. “Si potrebbe ipotizzare un nuovo sistema penitenziario articolato su tre livelli: il primo, per i reati meno gravi, con una pena detentiva non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale è l’istituto della ‘messa alla prova’; il secondo livello è quello che riguarda le pene detentive superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello, e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare.

Il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l’obiettivo prioritario”. Il sindacato invita lo Stato a individuare le situazioni dove il carcere non è necessario, a ridisegnare l’intero sistema carcerario…

Un’unità di intenti, forse nuova, forse inesplorata, tra coloro che hanno a che fare col carcere, nella differenza delle responsabilità di ciascuno, potrebbe spingere la politica verso interventi adeguati e sostenibili.