Rieccoci qui dopo la consueta pausa estiva. Abbiamo “sofferto” il caldo torrido e siamo stati circondati, nel nostro piccolo, ma anche nella più ampia dimensione di abitanti del mondo, da tanti eventi di natura diversa; alcuni catastrofici, altri divertenti, gioiosi, positivi e persino educativi che ci hanno permesso di crescere un po’.

Ormai lo sguardo è rivolto al rientro in classe per migliaia di studenti che si preparano ad affrontare un nuovo anno, mentre chi doveva “riparare” è già “sotto torchio” nelle aule ancora praticamente deserte. Quasi tutti sono rientrati dalle ferie, lasciando il posto ai pochi che si attardano a farle – potendo – nel bel mese di settembre. Pare quasi che la politica non sia andata in vacanza tanto è l’affanno – da una parte e dall’altra – di mostrare al cittadino che i “suoi interessi” non sono mai dimenticati e stanno in alto tra le preoccupazioni di amministratori, legislatori, governanti e opposizioni.

Quanti libri abbiamo letto durante le vacanze? Quante vere conversazioni abbiamo intavolato in famiglia durante il relax dal lavoro? Quanta cura abbiamo riservato al nostro corpo e alla nostra anima fuori dallo stress quotidiano degli altri undici mesi? Che cosa abbiamo privilegiato e cosa accantonato?…

Ciascuno saprà fare le proprie valutazioni per capire a fondo a cosa realmente siano servite le vacanze e con quale “stato psico-fisico-spirituale” ci siamo già ributtati nella solita routine. E nella solita routine ci troviamo immersi per lo più in un mare di brutte notizie, cattive notizie che riempiono la scaletta dell’informazione radio-televisiva, dei giornali e del web. Fatti e cose che, purtroppo, accadono ormai con frequenza talmente elevata da entrare rapidamente nel dimenticatoio per far posto alle successive, e poi alle altre ancora e così via, in un vortice che travolge tutti: vittime, aggressori, spettatori, commentatori, professionisti, gente comune.

Il rischio – ormai terribilmente consolidato – è quello di farci l’abitudine alla cattiva notizia, alla violenza, all’aggressione, al malaffare, alla sopraffazione, alla morte violenta, allo stupro… senza avere il tempo di riflettere onestamente sul perché, sulle ragioni, sulle soluzioni, sulle implicazioni e responsabilità nostre e altrui.

Siamo troppo pronti ad abbassare le braccia per invocare la nostra impotenza, che sovente nasconde tanta indifferenza. Nessuno parrebbe indenne da pericoli e rischi. Tutti abbiamo il dovere di porci un domanda e cercare le risposte: da dove ricominciare?