Come ogni anno, nel giorno di San Francesco di Sales (ieri, per chi legge), ci interroghiamo sul senso del nostro essere cattolici nel mondo della comunicazione (il che vale per noi che lavoriamo in questo settore, ma anche per voi, che della comunicazione nella sua più vasta accezione, ormai, non potete più fare a meno).
Ci interroghiamo ancor più all’indomani delle parole di Papa Francesco che torna a parlare di Intelligenza Artificiale. Il tema è al centro del Messaggio per la Giornata nazionale delle Comunicazioni Sociali del 12 maggio, svelato ieri, nel giorno della memoria liturgica del patrono dei comunicatori e dei giornalisti. La comunicazione è in movimento, è un cambiamento che coinvolge tutti.
“L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni – scrive il Papa riferendosi all’Intelligenza Artificiale – il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle Intelligenze Artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?”.
Domande che spronano a non pensarci come “il tutto” di un mondo che è comunque più vasto di noi. È importante fermarsi a riflettere su di noi, e allargare lo sguardo, come singoli e come comunità. La comunicazione è la nostra missione di giornalisti.
Ma “comunicare per noi non è sovrastare con la nostra voce quella degli altri, non è fare propaganda – dice il Papa –, non è puntare tutto sull’organizzazione, non è questione di marketing; non è solo adottare questa o quella tecnica… è condividere una lettura cristiana degli avvenimenti; è non arrendersi alla cultura dell’aggressività e della denigrazione; è costruire una rete di condivisione del bene, del vero e del bello fatta di relazioni sincere; è coinvolgere nella nostra comunicazione i giovani”.
Un invito a stare nel mondo, non a separarsene.
“Essere giornalista – ha detto incontrando nei giorni scorsi i vaticanisti – è una vocazione. Quanto bisogno di conoscere e di raccontare da una parte, e quanta necessità di coltivare un amore incondizionato alla verità dall’altra”.