Gerusalemme, processione delle Palme (foto Custodia I.F.)
Giornali, TV, radio, social diffondono tante notizie e ognuno lo fa con lo stile e le espressioni che gli sono proprie. Siamo in un periodo ricco (per quantità, non sempre anche per qualità) di notizie su tutti i fronti. Tra le tante ce n’è una che ci deve sorprendere sempre: è Pasqua.
La Resurrezione, così ben raccontata dai cronisti di quel tempo, e tramandata fino a noi affinché nulla si perdesse di tutto ciò che rappresenta per l’umanità. Ma come per il Natale anche a Pasqua sentiamo il dovere di essere collegati in particolare con quel mondo, di donne, uomini, bambini, che ancora oggi arranca su strade polverose e frequenta i luoghi dove Passione, Morte e Resurrezione si susseguirono in una manciata di ore.
Da Betfage, sul versante orientale del Monte degli Ulivi, è partita la processione delle Palme, domenica scorsa, passata per i luoghi santi: monastero delle carmelitane del “Pater Noster”, edicola dell’Ascensione, santuario “Dominus flevit”, Getsemani, tomba della Vergine Maria, Grotta dell’arresto. La parrocchia cattolica di Gaza ha una sola certezza tra le macerie: “stiamo aggrappati a Gesù Risorto… restiamo saldi nella fede, è l’unica cosa che abbiamo”. Una testimonianza forte per noi che le macerie le vediamo in TV, la fame è lontana e alle guerre nel mondo siamo assuefatti o disinformati.
Ma anche noi abbiamo le nostre macerie, non quelle delle case bombardate ma di un’umanità svuotata; abbiamo fame non del pane che riempie la pancia ma di quello che nutre lo spirito, viviamo in guerra di rapporti familiari, sociali, di lavoro troppo sovente deteriorati, inconsapevolmente desiderosi di una pace che non sappiamo costruire.
Le testimonianze che arrivano a noi dai luoghi di Passione, Morte e Resurrezione come ci toccano? Dove e a Chi siamo ancorati? Chi e cosa è importante e abbiamo perso per strada?
Quelli che hanno partecipato alla processione delle Palme in Terra Santa hanno rappresentato la Chiesa e hanno agitato le palme anche a nome di chi non c’era.
Anche per noi, che lo abbiamo fatto nelle nostre parrocchie. Insieme per la stessa sfida della fede, guardando oltre, immersi di nuovo nell’Infinito, perché una delle cose belle del Cristianesimo è l’idea del corpo; quello che fa una parte del corpo lo fa tutto il corpo.