Come abbiamo fatto per Natale, anche per Pasqua volgiamo lo sguardo alla Terra Santa. Non solo per fare memoria e ricordare i luoghi dove, duemila anni fa, si sono compiuti i fatti centrali della nostra fede cristiana, ma perché proprio lì – dove tutto ha avuto inizio – la storia sembra ancora essere scritta con il sangue e le lacrime.
Gerusalemme, Betlemme, Nazareth: città che per milioni di credenti incarnano la speranza, oggi continuano a fare i conti con la realtà di checkpoint, tensioni, raid, sirene, il crepitio delle armi e i funerali. Sono le stesse pietre calpestate da Gesù verso il Golgota a sorreggere ora il peso di una nuova, dolorosa Via Crucis quotidiana che si perpetua.
C’è un paradosso evidente, quasi crudele, nel vivere la Pasqua – festa di resurrezione, rinascita, di vita che sconfigge la morte – pensando ad un luogo che ogni giorno fa i conti con la distruzione. La Resurrezione, li, non è solo un dogma. È un’urgenza. È una domanda che si fa grido: è ancora possibile credere nella pace?
Eppure, in mezzo alla paura e alla violenza, qualcosa resiste. Le celebrazioni pasquali si tengono lo stesso. Le campane suonano, anche se devono talvolta cedere il passo alle sirene d’allarme. I pellegrini tradizionali non ci saranno, restano le comunità locali che vivono ogni giorno l’esperienza della fede intrecciata alla sopravvivenza, i pellegrini ortodossi da Cipro, i copti, gli etiopi e tanti lavoratori migranti a rappresentare i pellegrini di tutto il mondo. Quest’anno la Pasqua cade nella stessa data per cristiani d’Oriente e d’Occidente, e ricorrono i 1.700 anni dal Concilio di Nicea, che ha definito l’umanità e la divinità di Cristo e stabilito la data della Pasqua.
La Terra di Gesù non è soltanto un luogo della memoria. È una ferita aperta. È lo specchio di un mondo in cui il sacro convive con la guerra, e dove il messaggio d’amore viene soffocato dall’odio. Ma è anche, ancora e ostinatamente, un richiamo. A non smettere di sperare, a non cedere al cinismo, a non arrendersi all’idea che la violenza sia l’ultima parola. In fondo, il cuore della Pasqua del Giubileo 2025 è proprio questo: credere che dopo il buio possa davvero tornare la luce. Oggi, in Terra Santa e ovunque nel mondo.
Buona Pasqua a tutti!
(Foto tratta da Pixabay)