Fronti di guerra vicini, conosciuti e temuti, fronti più lontani e sconosciuti, come le sofferenze dei popoli che vi abitano. Si levano le voci a difesa delle vittime di guerre, prima fra tutte quella del Papa. Di nuovo, all’Angelus di domenica, con un appello per la liberazione degli ostaggi, ri-chiedendo “con forza che i bambini, i malati, gli anziani, le donne e tutti i civili non siano vittime del conflitto” in Israele (e ovunque sulla terra, aggiungiamo noi).

E nell’udienza di ieri ha annunciato una nuova giornata di preghiera, digiuno e penitenza “per implorare la pace nel mondo”: sarà per venerdì 27 ottobre. Ma all’Angelus ha lanciato anche un appello per il popolo armeno del Nagorno Karabakh (dov’è? Che storia ha?), a difesa dei monasteri e dei luoghi di culto, affinché “siano rispettati e tutelati”.

Oltre alle persone, quindi, anche le cose, e in particolare quelle che rappresentano la cultura, la storia, la fede di un popolo. Sua Beatitudine Minassian, patriarca di Cilicia degli armeni, ha dichiarato al Sir che “distruggere le chiese e i monasteri che si trovano in quella regione significa voler cancellare una storia, e quindi distruggere un intero popolo e le sue radici più profonde”.

Agire a protezione della storia e della cultura di tutte le Nazioni non è quindi un “optional”, e non toglie nulla, anzi rafforza, il grido in difesa delle persone.

Per parlare di radici, cultura e fede viene bene accennare a ciò che a Istanbul non accadeva da un secolo, cioè dalla fondazione della Repubblica turca: è stata dedicata al culto la prima chiesa cristiana. È quella siro-ortodossa di Sant’Efrem. Un momento storico. La minoranza cristiana in Turchia aveva potuto rinnovare gli stabili, ma da dieci decenni non aveva il permesso di costruire un nuovo edificio, che ha impiegato 24 anni per essere portato a termine.

“Questo giorno è significativo per tutti i cristiani in Turchia – ha detto il cardinale Koch – poiché quello della chiesa siro-ortodossa è il primo tempio cristiano costruito dopo la proclamazione della Repubblica. È un segno di speranza per tutti i cristiani che vivono in questo Paese, la cui presenza risale alle origini del Cristianesimo e continua a contribuire, anche se come minoranza, all’identità della Patria, e ad approfondire la comunione in vista dell’unico tempio spirituale che tutti i battezzati sono chiamati a formare”.

Artigiani di pace cresciuti da architetture di fede.