La cronaca nazionale ci fa sapere che in una cassetta che raccoglie le lettere dei bambini a Babbo Natale, una tra le tante allestite in questo periodo un po’ ovunque nel nostro Paese, è saltata fuori la lettera di una bimba che invece di chiedere regali per se stessa ha chiesto la guarigione dello zio in coma. Diciamo subito che quella bambina trova tutta la nostra simpatia e solidarietà per il grande desiderio che ha espresso e per il regalo che ha chiesto, per aver saputo mettere in alto tra le priorità la salute dello zio, per aver saputo rinunciare a ciò che certamente le sarebbe piaciuto più di tutto, tra regali e dolcetti. Questa bambina è sicuramente un esempio per tanti adulti che sovente con la scala delle priorità hanno qualche problema, anche solo nel pensarci.
Però…c’è un però! Quella bambina, crediamo non certo per “distrazione” sua, ha sbagliato il destinatario della sua lettera. Se da una parte tutti speriamo (e preghiamo) per la guarigione dello zio, dall’altra non è, e non sarà, merito di Babbo Natale se questi ritroverà l’auspicata salute.
Anche perché, prima di tutto, Babbo Natale dovrebbe esistere veramente per poter fare certe cose. Invece è solo un mito, certamente di successo, e forse anche più di quello che il suo inventore credeva o sperava; uscito dalla penna dell’americano Clement C. Moore, che nel 1822 scrisse una poesia in cui lo descriveva così come lo conosciamo oggi: barba bianca e il sacco pieno di regali, a partire dagli anni Cinquanta ha conquistato anche il nostro Continente.
Le sue “copie” di oggi, fatte di tanti uomini (e qualche donna) in carne e ossa, meglio se ben robusti, leggermente attempati e magari con gli occhialucci, non portano neppure i regali, se dietro non ci fossero organizzazioni generose che a Natale si fanno carico di trovarli e di darli ai tanti Babbo Natale affinché a loro volta li consegnino ai bambini festanti. Figuriamoci fare miracoli!
Natale non esiste perché c’è Babbo Natale, e Babbo Natale non c’entra nulla con l’origine, il senso e il significato che sono propri del Natale. Babbo Natale è folklore, animazione, coreografia: che in sé non sono cattiva cosa, fintanto che non prendono il posto, cancellandolo, di Colui che è la ragione vera della festa del Natale.
Infatti, il “personaggio” del Natale, e per il quale il Natale c’è ed esiste malgrado tutto, è un altro.
E non è un “personaggio” ad uso e consumo delle mode che attraversano gli anni, (siamo d’accordo sull’uso altamente consumistico che si fa di Babbo Natale e quanto rende a chi ne sfrutta l’immagine?), ma è una “persona”, e la differenza è notevole. Non è grande e grosso, non è vestito per ripararsi dal freddo, non ha né barba né occhiali.
È un bambino – Gesù – che pochi in quella capanna di Betlemme riconobbero a quei tempi, come pochi oggi non solo non lo riconoscono, ma neppure lo conoscono, pur pretendendo di festeggiarlo nel giorno della sua nascita: Natale. Sappiamo di ripeterci, con la speranza che a qualcosa giovi: come si fa a festeggiare qualcuno che non si conosce, e non si vuole più conoscere avendo allontanato dalla nostra vita le domande forti dell’esistenza dell’Uomo?
E ancora: ma che festa è senza il festeggiato? In questo contesto, tra un Babbo Natale di troppo e un Gesù Bambino dimenticato, il Natale cristiano si ritrova “orfano” delle origini da cui è nato, e in un’epoca “nella quale molti cercano risposte ai grandi interrogativi dell’esistenza al di fuori delle mura di pietra delle chiese, nella vita quotidiana, nel mondo laico, in nuovi altari inattesi, modesti quali la casa, il lavoro, lo sport, la natura”.
Le offerte del mercato consumistico-natalizio che propongono felicità, luce, bellezza, rinnovamento… non sapranno mai rispondere alle grandi domande – ora affievolite ma mai sconfitte e pronte inevitabilmente a ritornare – sull’Uomo e sulla Vita.