Nel drammatico scontro Usa-Europa l’Italia rischia una sostanziale emarginazione perché il ciclone Trump ha spaccato i partiti e i poli, sovvertendo gli schieramenti parlamentari e rendendo molto precaria la nostra politica estera. Sono col presidente USA la Meloni e Salvini, ma anche il leader dei Pentastellati Conte, che elogiando “la verità di Trump sull’Ucraina” manda all’aria il “campo largo” della Schlein. La presidente del Consiglio ha partecipato alla convention dei Conservatori americani, nonostante la diserzione della destra francese di Marine Le Pen, seccata dalla provocazione del saluto romano del leader trumpiano Bannon. La Meloni, come premier, ha compiuto la più organica svolta a destra nella storia della Repubblica, elogiando la scelta epocale di Trump e del vice Vance, sostenitori dell’appoggio ai tedeschi filo-nazisti dell’AfD: una formazione sovranista e anti-immigrati, duramente contestata per i suoi aspetti anti-cristiani dalla Conferenza episcopale della Germania.

Contestualmente la presidente del Consiglio, per coerenza con i suoi anni di governo, ha difeso la scelta pro-Kiev, ma nè ha protestato per il voto americano all’ONU con i Russi (non più aggressori), né ha denunciato la linea trumpiana per Gaza (deportazione di due milioni di palestinesi). La difesa dell’Europa è apparsa molto tiepida, mentre la Von der Leyen era a Kiev nel terzo anniversario dell’invasione delle truppe di Putin. Come ritenere “grande statista” chi, come Trump, confonde in Ucraina aggressore e aggredito e chiede ad un Paese martoriato dal conflitto 500 miliardi di risarcimenti per gli aiuti dati liberamente dall’America di Biden, legittimo presidente USA?

La Meloni ha parlato alla Convention trumpiana anche per non dare spazio alla scelta ultra-conservatrice di Salvini: ma il presidente del Consiglio può far prevalere gli interessi di partito sui doveri di guida della Repubblica, nata dalla lotta di Resistenza al nazifascismo (esemplare a riguardo la lezione di Mattarella) e fondatrice dell’Unione europea con le scelte coraggiose di De Gasperi e Spinelli?

Nel destra-centro del tutto diversa è la linea di Forza Italia, con Tajani schierato con i Popolari europei e ostile ad ogni intesa con i tedeschi dell’AfD, rigido sostenitore della tesi dei due Stati in Medio Oriente, convinto assessore del Governo di Ursula von der Leyen a Bruxelles. Un vice-presidente in linea con Marina Berlusconi.

La frattura nella maggioranza è stata “compensata” nel centro-sinistra dall’elogio sperticato a Trump di Conte, l’ex premier dei Governi giallo-verde (con la Lega) e giallo-rosso (con il PD). Da tempo era nota la tendenza al buon vicinato del M5S con Trump e Putin (famose le critiche di Marco Travaglio al presidente Mattarella sul conflitto russo-ucraino); ma accettare “le verità” del presidente USA è stato un fatto sconcertante, anche per la parte del PD più sensibile alle intese con gli ex grillini. In questo modo Conte è riuscito a dividere le diverse componenti dem: alle iniziative pubbliche di sostegno all’Ucraina aggredita, la Schlein non ha partecipato (per non allargare il fosso con i pentastellati). Mentre era presente l’ala riformista e la sinistra di Provenzano, insieme ai Centristi di Azione e Forza Italia. Assenti anche i leader di AVS, Bonelli e Fratojanni, vicini a Conte.

A due anni dalla sua elezione la Schlein resta impigliata negli stessi lacci che portarono Enrico Letta alle dimissioni: se allarga alle tesi grilline perde i Centristi e l’ala riformista del suo partito, se stringe con Calenda e Renzi rompe con Verdini, Sinistra e Pentastellati.

La realtà è che i due Poli sono frantumati sulla politica estera, che per ottant’anni era stata elemento qualificante e unificante nelle scelte cruciali, da De Gasperi e Fanfani, da Spadolini a Craxi, ma anche nella scelta occidentale del “compromesso storico” Moro-Berlinguer. La rottura populista di Grillo nelle elezioni del 2013, l’esplosione dei “sovranisti”, la decadenza delle culture politiche del ‘900 (Popolari, socialisti, Liberali), le spinte radicali a sinistra: questo insieme di fenomeni, sociali, politici, etici, hanno contribuito a determinare un’eclisse del primato dei valori, su cui si regge la società democratica.

I partiti “europeisti” debbono darsi una mossa, una strategia, anche con una discussione franca sulle attuali classi dirigenti, senza attendere che il ciclone Trump passi (tra quattro anni).