Anche noi ultimamente abbiamo usato molto la parola “emergenza”. Non è che ci siamo particolarmente affezionati: lo imponeva, e tutt’ora lo impone, la complicata situazione interna ed internazionale.

Emergenza pandemica, economia di guerra e crisi energetica, guerra nel cuore dell’Europa, emergenza climatica, emergenza povertà, emergenza educativa e certamente tante altre. Il prospetto di 10 milioni di poveri nel nostro Paese costituisce un’emergenza grande e preoccupante.

Martedì, festa di San Francesco, il cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, presidente dei Vescovi italiani, ha celebrato la Messa ad Assisi e poi ha risposto ad alcune domande di un giornalista del Tg1 proprio sul tema delle emergenze che ci affliggono. “Le emergenze bisogna affrontarle – ha detto il cardinale Zuppi –, ma mai essere prigionieri delle emergenze, altrimenti si ragiona solo con qualche sollievo, quando invece il vero problema è preparare il futuro”.

Qui sta tutto il nodo della questione e tante sono le domande che seguono: quale futuro ci aspetta, chi lo prepara e come, qual è il nostro ruolo in tutto ciò, cosa possiamo fare? Sono domande dalla risposta debole e incompiuta, insoddisfacente, almeno per ora.

L’impegno prioritario dei Governi è quello di tamponare le tante falle dei nostri sistemi socio-economici, arginare le derive di politiche vecchie e nuove prive di visioni, contenere lo scontento popolare per gli aumenti delle bollette e le incertezze del posto di lavoro. I Governi lavorano in uno stato di emergenza per cui il “loro” e “nostro” futuro è il giorno dopo, e poco altro. E in vigile attesa per proteggersi da altre disavventure.

I “sollievi” sono palliativi, non soluzioni. L’emergenza deve essere temporanea e l’emergenza che non lo è sfianca gli animi, tarpa le ali dello sviluppo, obbliga a trovare difficili motivazioni per andare avanti. E c’è chi resta, sovente incolpevolmente, indietro, andando a nutrire una schiera sempre più folta di persone fragili, percepite poi come un peso, scartate, dimenticate.

Oggi è difficile, bisogna ammetterlo, guardare al futuro, trovare certezze, appigliarsi a sicurezze, perché il nostro modo di vivere sta subendo drastici cambiamenti – nel bene e nel male – e come in tutte le epoche di cambiamento – meglio dire, cambiamento di epoca – c’è da tribolare assai. La nostra comunità è forte, ha storia e umanità dietro le spalle dalle quali attingere, e insieme si può trovare il futuro che tutti desideriamo.

Con il cardinale Zuppi ci viene da dire “viviamo la benedizione che sempre è la vita”.