(Editoriale)

La nostra fatica è stampata sui nostri volti, si sente nei lamenti e nei sospiri, si vede negli sguardi e non si misura scientificamente come per gli sportivi di professione. Non è neppure una novità.

Uomini e donne che faticano ce ne sono ad ogni angolo, in ogni momento; ce ne sono stati ieri e ce ne saranno domani.

Ci sono le fatiche del lavoro – per chi ce l’ha – e quelle fuori dal lavoro, in casa e persino tra gli amici; la sorridente e trastullante famiglia della pubblicità chi potrebbe raccontarcela per davvero? Si fatica a scuola, in viaggio, a crescere i figli, a convivere e a star da soli; si fatica a fare la spesa, i lavori domestici, a cucinare, a guidare, a organizzare la propria vita e a sopportare quella degli altri anche se vicini, vicinissimi.

E che dire del tacere? Si fa fatica a parlare ma sovente è più faticoso tacere, terribilmente faticoso è ascoltare.

Un figlio che parte è fatica. Quante cose facciamo in una giornata; tanta fatica produciamo e tanta ne consumiamo; ci fosse un contatore segnerebbe sempre rosso e lancerebbe tanti “bip” per avvisarci di non andare oltre. Proprio come un’auto in riserva. Invece andiamo sempre oltre, inesorabilmente oltre, imprecando a destra e a manca, strusciando i piedi, borbottando. Ma c’è sempre ancora un po’ di benzina per una fatica in più, il serbatoio non è mai totalmente vuoto e questo sembra inspiegabile.

Da dove ci vengono queste risorse? Da dove un genitore spilla le risorse per sopperire a poche ore di sonno e a tonnellate di fatica? Evidentemente non dal distributore di benzina, perché l’uomo non va a benzina. Se così fosse avrebbe già finito di faticare e di vivere, nonostante qualche flebo ricostituente.

Sarà – anzi, è – in quella carica di “amore” che dà, che riceve e che ci mette, minuto dopo minuto, il più delle volte senza neppure rendersene conto, senza sapere come e perché.

Siccome la fatica è faticosa, diventare consapevoli dell’amore che la sorregge – e ci sorregge – è un imperativo che il calendario ci aiuterà ad affrontare nel tempo che ci conduce alla fine dell’anno.