(gabriella franzino) – In un primo maggio piovoso e un po’ triste si è celebrato con gioia, a Feletto Canavese, la festa di San Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Nel 90° anniversario della canonizzazione del Fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza e delle congregazioni ad essa collegate, avvenuta il 19 marzo 1934 ad opera di Papa Pio XI, anche la piccola comunità cottolenghina di Feletto ha voluto onorare il suo Santo con le celebrazioni delle Ss. Messe nei giorni precedenti e di quella solenne del 1° maggio, Messa presieduta, come consuetudine da diversi anni, dal Vescovo di Ivrea Monsignor Edoardo Aldo Cerrato.

Hanno concelebrato il Parroco di Feletto Don Stefano Teisa e Don Giuseppe Sciavilla, Vice Parroco del Duomo di Ivrea.

Nel salutare i fedeli raccolti in Chiesa il Vescovo ha chiesto di iniziare la funzione con un Deo Gratias corale, che ci ricordasse come tutto provenga dalle mani della Divina Provvidenza.

Ha chiesto anche di pensare alla Carità, pilastro fondamentale della vita cottolenghina, non solo come atto pratico verso il fratello bisognoso, ma soprattutto come apertura della mente e del cuore all’altro.

E non è mancato un ricordo del caro Fratel Pierfranco Tarenghi

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che ci ha lasciati nel febbraio scorso e che tutti abbiamo nel cuore ricordando la sua gioia, letizia e carità.

Nel corso dell’omelia il Vescovo ha voluto condividere una sua esperienza raccontando il suo personale “pellegrinaggio” lungo i luoghi significativi del Santo:

a Bra, dove il 30 aprile, giorno della memoria liturgica del Santo, ha presieduto la santa Messa presso la chiesa parrocchiale di Sant’Andrea Apostolo, dove il 4 maggio 1786 venne battezzato il piccolo Giuseppe Benedetto.

Quindi a Torino, dove per qualche motivo, un saluto, una visita ci si va sempre, e dove il Santo costruì quella grandiosa opera che è la Piccola Casa che egli definì non sua ma Opera della Divina Provvidenza.

Ed infine Chieri, in occasione di una visita a Fratel Pierfranco negli ultimi suoi giorni terreni.

L’attuale hospice fu anche l’ultima dimora del Santo dove morì (nell’allora casa del fratello Luigi) il 30 aprile 1842.

Sempre parlando di Carità, Monsignor Cerrato ha posto l’attenzione su un grande problema dei nostri giorni che non ha esitato a definire dramma, ossia il dramma della solitudine, presente più che mai nella nostra società ed acuito in questi ultimi anni difficili.

Come i Santi si son fatti spingere e possedere (come vuole la moderna traduzione del motto Caritas Christi urget nos), anche noi dobbiamo “fare” ciò che Cristo farebbe: ci ha quindi sollecitati ad avere uno sguardo di fede e fare un atto d’amore a chi ci sta vicino, sull’esempio dei Santi che hanno attinto all’amore di Cristo.

E se pensiamo di non essere all’altezza del “fare” non possiamo esimerci dal “pregare”: la preghiera sostiene, la preghiera orienta, la preghiera conforta.

Al termine della funzione, resa più solenne dai canti liturgici della nostra cantoria, i Fratelli hanno offerto un rinfresco a tutti i fedeli.

La festa si è conclusa poi con il pranzo conviviale, ma di certo l’eco di questa giornata ci accompagnerà nei giorni futuri, richiamandoci al nostro dovere di cristiani.

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