(Mario Berardi)
Le conseguenze del voto amministrativo e l’avvicinarsi della scadenza del Quirinale agitano particolarmente i “centristi” dei due poli.
Nel centro-destra è esplosa la ribellione dei ministri “forzisti” del Governo Draghi: Carfagna, Gelmini, Brunetta hanno apertamente sconfessato la scelta di Berlusconi di confermare l’asse preferenziale con Salvini e Meloni, contestando le scelte “sovraniste” (al Parlamento di Strasburgo Lega e Fratelli d’Italia si sono schierati con la Polonia, contro il governo di Bruxelles, mentre Draghi si muoveva in senso opposto, contro i “muri”); in particolare Brunetta non ha escluso una soluzione politica “Ursula”, come alla UE, senza Lega e FdI. Dagli Stati Uniti il ministro Giorgetti, leader dell’ala moderata della Lega, ha colto subito il rischio dell’isolamento, confermando la piena adesione a Draghi sino al 2023, riducendo di fatto i margini di manovra di Salvini.
Sul fronte del centro-sinistra la ricerca di Letta di un nuovo Ulivo si scontra con l’assoluta opposizione di Calenda e Renzi ad un’alleanza con i Grillini; reciprocamente analoga la risposta di Conte, che oggi guida il partito di maggioranza relativa nelle due Camere. Per la scadenza del Quirinale tutti i centristi (“forzisti”, moderati, Italia viva, Azione, Pd di Marcucci, Autonomisti) contano un centinaio di voti, ovvero una forza in grado di condizionare il risultato. Ma i loro candidati (Casini, Cartabia, Gentiloni) incontrano per ora obiezioni a sinistra e a destra, in una votazione in cui occorre la maggioranza assoluta. Di qui una crescente fibrillazione del quadro politico, dal varo della legge finanziaria al discusso ddl Zan sull’omotransfobia.
Cogliendo le nuove difficoltà, il segretario del Pd Letta, rafforzato dal voto, ha finalmente aperto la via ad una mediazione sul ddl Zan, tenendo conto anche delle crescenti critiche provenienti da una parte del movimento femminista, soprattutto sull’identità di genere e sulla sua presentazione nelle scuole, anche ai bambini. Una modifica adeguata del testo sull’omotransfobia è da sempre la richiesta avanzata dal presidente della CEI, card. Bassetti, non per affossare la legge ma per migliorarla, in particolare sugli articoli 1 (identità di genere), 4 (libertà di opinione), 7 (scuola). Nel dibattito in Senato, tuttavia, la proposta Letta non è passata: l’assemblea a maggioranza, su proposta del centro-destra, ha bloccato il ddl Zan, rimettendo il testo in Commissione. Una sconfitta per il segretario dem.
L’altro tema caldo della stagione politica è il varo del bilancio 2022 dello Stato: il Governo prevede una manovra da 23 miliardi ma le richieste dei partiti e delle forze economiche e sociali vanno ben oltre questa cifra. L’Esecutivo tuttavia non ha molti margini di manovra perché, con un deficit al 160% del Pil, è sotto lo stretto controllo di Bruxelles, anche per la continuazione dei finanziamenti UE.
Particolarmente difficile l’incontro di Draghi con i sindacati Cgil-Cisl-Uil perché Landini non ha concesso nulla sulla revisione delle pensioni, in modo specifico sul superamento della quota 100 fissata dal primo governo Conte su richiesta della Lega; il premier, visibilmente irritato, ha lasciato anzitempo il tavolo di confronto a Palazzo Chigi: è questo il primo intoppo reale dell’azione di governo, a otto mesi dalla nascita. Ora il Presidente del Consiglio intende procedere egualmente in Consiglio dei ministri, nonostante la mobilitazione dei lavoratori annunciata dai sindacati; il documento finanziario dovrà poi essere approvato dalle Camere entro dicembre: si vedrà quali emendamenti saranno presentati dai partiti di maggioranza, in primis dalla Lega.
Prima dell’incontro con Landini, Draghi aveva invocato una particolare attenzione per i giovani, che rischiano, con un sistema pensionistico in forte deficit, una previdenza modesta o nulla; aveva anche preannunciato l’incremento dei finanziamenti per la scuola; ma queste valutazioni non hanno spostato la linea dei sindacati, già divisi sulle misure anti-Covid, in particolare sull’obbligo in fabbrica del green-pass. Peraltro con il ruolo egemone assunto dalla Cgil, risultano spiazzate e subalterne le segreterie nazionali Cisl e Uil.
Secondo alcuni media le fibrillazioni politiche e sociali sono parte di un disegno volto a “sfiancare” il premier in vista della partita per il Colle (febbraio); saremmo di fronte a un’operazione miope, soprattutto sul piano internazionale, in considerazione del prestigio del presidente del Consiglio. L’Italia non è ancora fuori dalla crisi pandemica e sociale e i tempi delle imboscate sono del tutto sbagliati.