Una vita a costruire case. Piero è una di quei capi cantiere di una volta. Capace di guidare molto uomini, di varie estrazioni e professionalità, attraverso tutti i passaggi necessari per il completamento di una costruzione. Per lui costruzione ambiziosa o manufatto umile non fanno differenza. La regola d’oro è costruire bene, sempre, “a regola d’arte”. Dopo la pensione può dedicarsi all’attività che più ama: servire. Vivacissimo in oratorio, diventa un pilastro per il parroco che lo cerca di continuo, perché sa che non sa dire di no. Si impegna anche nel volontariato e da tempo fa l’autista per i bambini malati di tumore e il loro genitori, disponibile ad accompagnarli per le sessioni di chemioterapia.
Con il matrimonio della figlia Sara, trova il genero ideale: ingegnere che parte per l’Africa a costruire case, scuole, ospedali e chiese, prima per organismi di volontariato e poi mettendosi in proprio. Il genero lo invita ad aiutarlo a seguire i cantieri, innanzitutto per fare bene i lavori, nei dettagli e nelle finiture, ma soprattutto per insegnare ai collaboratori locali a essere veri artigiani delle costruzioni. Diventano una coppia perfetta. Piero, grazie alle continue collaborazioni sul campo, spende molti mesi in Uganda e può anche godersi la compagnia della figlia e il crescere dei nipoti.
Si sentiva trascinato da questo giovane ingegnere, sempre sorridente nel lavoro quotidiano, non sempre facile e ricco di imprevisti e sorprese, molte volte spiacevoli. In questa “impresa per il bene”, fatta di lavoro per la crescita di un paese e la formazione di bravi muratori e tecnici di cantiere, si scopre quasi figlio di questo figlio acquisito.
Poi l’incidente drammatico ed imprevisto che costa la vita al genero. Per la figlia cambia radicalmente la vita: deve rientrare in Italia, cercare lavoro, con tre figli piccoli.
Ancora una volta Piero può fare quello che più considera importante, servire. Dalla domenica sera si reca a casa della figlia e, curandosi a tempo pieno dei nipoti, permette alla figlia di lavorare come insegnante, senza troppi sconvolgimenti per i bambini.
Deve spesso dire “non posso” al parroco che continua a cercarlo. Ma si tratta di un “sì” ad una nuova circostanza, imprevista ma reale. Un “sì” al Signore del mondo.
Filippo Ciantia