Per ragioni di lavoro, ho passato qualche ora a percorrere a piedi vie e angoli di Ivrea per un reportage fotografico urbano: il Borghetto, il ponte Vecchio, il lungo Dora con il quartiere umbertino, poi la “rive droite” della città, presso il quartiere ex Montefibre. Nomi di vie e viali rilanciati dalla toponomastica locale che fanno sorridere: spesso cambiati con altri nomi dai cittadini, vanno a costruire un’immaginaria mappa parallela della toponomastica della città, quasi un patrimonio di una collettività che riconosce i propri luoghi con altri nomi.
Sicuramente è un patrimonio da difendere anche quello, non vi è dubbio alcuno, ma è un patrimonio che è portato avanti con tenacia per via orale, detenuto dai soli cittadini.
La cosa riguarda anche la zona in cui dove abito io: non so esattamente se io abito a Canton Vesco o Bellavista, oppure a San Grato! In 12 anni di residenza continuativa non ne sono venuto a capo. Ma la cosa non mi turba più di tanto, in una società digitale come la nostra. Un po’ di indeterminatezza spazio-temporale non guasta.
Ma sul tempo qui non si scherza affatto: una mia amica è abituata ad altre latitudini, e si trova da noi – felicemente – da due anni, per ragioni di lavoro accasata in centro, e questa città le piace proprio. Però si lamenta che se deve uscire tardi dal lavoro e non ha comprato il pane per la cena, non c’è più speranza. L’anatema colpisce anche i bar del centro: se vuoi fermarti a chiacchierare con qualche simpatico collega dopo essere usciti, sempre tardi dal lavoro, si blocca la conversazione e termina repentinamente la socializzazione di fronte all’impossibilità di consumare un aperitivo. E’ finita per davvero. La città è chiusa. Coprifuoco. Forse ha anche le sue ragioni. Ma lei si ostina nel dire che se tenessero un poco di più l’apertura serale, tutti quelli che escono tardi dal lavoro potrebbero avere il pane per la cena e l’aperitivo e forse ci sarebbe più movimento in centro.
Ho consolato la mia amica facendo forza sui miracoli del vicino avvento dell’ora legale, che avverrà anche nel centro di Ivrea nella notte tra sabato 24 e domenica 25 marzo. L’ora legale fu introdotta per la prima volta in Italia come misura di guerra tramite il decreto legislativo luogotenenziale n. 631 del 25 maggio il 3 giugno del 1916.
Fino al 1980 durava solo 4 mesi, dalla fine di maggio alla fine di settembre. Dal 1981 al 1995 durava 6 mesi, dall’ultima domenica di marzo all’ultima domenica di settembre. Dal 1996 a oggi dura 7 mesi, dall’ultima domenica di marzo fino all’ultima domenica di ottobre.
Evidentemente la prima guerra mondiale non è mai terminata.
Fabrizio Dassano