“L’apostolo della pace”: questo impegnativo giudizio del “Corriere della Sera” esprime compiutamente l’impegno instancabile di Papa Francesco contro “la terza guerra mondiale a pezzettini”. Nel messaggio profetico della domenica di Pasqua, prima della benedizione “urbi et orbi”, il Vescovo di Roma ha ricordato ancora una volta la tragedia dei conflitti, della corsa alle armi, invocando una tregua da Gaza al Medio Oriente, dall’Ucraina alle terre insanguinate dell’Africa e dell’Asia, proponendo la via del dialogo e della trattativa alle grandi potenze, tentate invece da nuove spartizioni coloniali.
Il Papa non si è limitato alle parole, ma è passato ai fatti: nel conflitto russo-ucraino, con i cardinali Parolin e Zuppi, ha cercato una mediazione tra Mosca e Kiev, senza nascondere nulla: la responsabilità di Mosca nell’invasione, le critiche al Metropolita Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa per il sostegno a Putin, l’errore della Nato nell’accerchiamento di Mosca, l’esigenza che le trattative di pace (come ha detto la Segreteria di Stato vaticana) non escludano Kiev e siano “senza pre-condizioni”. Peraltro sia la Russia sia l’Ucraina hanno riconosciuto il contributo positivo della Santa Sede per lo scambio di prigionieri e per il parziale ritorno a casa di migliaia di bimbi ucraini.
Per la Terra Santa, cara alle tre religioni monoteiste, il Papa ha sempre invocato il dialogo tra i popoli e le fedi in campo, proponendo la linea dei “due Stati”, condannando Hamas per le efferate stragi del 7 ottobre 2023, chiedendo al Governo israeliano di non travalicare nella legittima difesa. Di fronte alle esagerazioni del premier Netanyahu contro le popolazioni di Gaza, sotto la spinta dell’estrema destra religiosa, Francesco ha invocato l’opportunità di una commissione internazionale sull’accusa di genocidio, mentre ha mantenuto un colloquio diretto, costante, con l’unica parrocchia cattolica di Gaza, anch’essa ridotta alla miseria e alla fame dall’occupazione dell’esercito israeliano. Come nel conflitto russo-ucraino un invito pressante al dialogo, nel rispetto delle persone, della vita umana in pericolo, per una politica che guardi ai valori, non agli interessi nazionalistici di potenza.
Il messaggio etico-politico sulla pace sottende un’altra impegnativa priorità: investimenti contro la povertà, il sottosviluppo, le grandi discriminazioni sociali che dilaniano il mondo, che accrescono le divisioni tra i popoli ricchi e poveri, che non vedono la nuova sfida dei cambiamenti climatici.
Francesco ha sempre di fronte i più deboli, oppressi, emarginati: malati, anziani, carcerati, donne sfruttate, migranti … Figlio di emigrati piemontesi nell’accogliente Argentina, il Papa, nella sua prima visita apostolica a Lampedusa, ha alzato il velo sulle tragedie nel Mar Mediterraneo, divenuto il nuovo Mar Morto. Ha lanciato l’appello per l’accoglienza di persone come noi, nostri fratelli, in fuga dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla carestia, in cerca di una vita degna dei figli di Dio. Non persone da cacciare, come delinquenti, ma da accogliere secondo la lezione evangelica del buon Samaritano.
Ed anche i carcerati non possono essere trattati come persone reiette per sempre, ma come realtà chiamate dal disegno umano e cristiano della resurrezione, in una logica di inclusione, non di muri invalicabili.
Nella difesa instancabile della vita, dono di Dio, Francesco si è contemporaneamente buttato contro l’aborto, non esitando a contestare la legislazione statunitense e quella francese; a Parigi, in particolare, ha molto sorpreso la Santa Sede la decisione del Presidente Macron di inserire nella Costituzione “il diritto d’aborto”, come se non fosse in discussione una vita umana.
Un messaggio, quello del Vescovo di Roma, che non indietreggiava mai davanti ai potenti, avendo come obiettivo la promozione della giustizia e della solidarietà, con il primato del “bene comune”, non degli interessi di parte, comunque motivati. Insieme una fiducia instancabile nella Provvidenza che muove la Storia, con l’esortazione a tutti, in primis i cristiani, a perseverare sempre nella speranza, come suggerisce il Suo Giubileo.