(di Filippo Ciantia)
L’italiano Marco Ferrari è stato recentemente nominato presidente del Consiglio Europeo della Ricerca: guiderà l’agenzia dedicata al supporto della ricerca scientifica di frontiera, gestendo oltre 16 miliardi di €. Ferrari da Udine, appassionato di basket con il sogno della NBA, si reca negli Stati Uniti dopo la laurea in matematica, per un master a Berkeley. Un infortunio gli impedisce la carriera nel basket, ma completa gli studi e si sposa. La malattia, le sofferenze e la rapida morte della moglie, giovanissima, per un cancro devastante lo spingono allo studio della Medicina. Vuole contribuire a lenire le sofferenze dei malati. Unisce la competenza matematica con la scienza medica e diventa uno dei più importanti nanotecnologi degli Stati Uniti.
Ho letto molto di lui, ma soprattutto l’ho sentito parlare nel 2013.
Ferrari notò nel pubblico la presenza di Cristina, una giovane donna malata di SLA. Cristina e Guglielmo, suo marito, erano andati in cerca di una cura fino a Houston, al Methodist Hospital Research Center da lui diretto. Il ricercatore si fermò, commosso, interrompendo la prima parte della sua presentazione. “In tutti questi anni che ho passato a studiare, non so se ho mai imparato altrettanto, neanche remotamente, a stare di fronte alla sofferenza come loro!”
Sul quotidiano La Prealpina pochi giorni fa è apparsa una lettera in cui Guglielmo e Cristina ringraziavano i compaesani di Bardello, un paesino del Varesotto, per aver voluto organizzare una serata di festa per stare insieme a loro e raccogliere fondi per la ricerca. Un intero paese si è messo a loro disposizione, affascinati dalla serenità e dall’amore di queste due persone. Per due volte il maltempo ha impedito lo svolgersi della festa e per due volte l’invito è stato rilanciato e le adesioni crescevano.
Chicchi e Gully, come tutti li conoscono, hanno abbracciato e contemplato fratello dolore.
La loro sofferenza è sorgente di forza stupefacente e di interminabile energia. Tutti, dal grande ricercatore ai compaesani, vedono in loro “Qualcuno più grande”.
“Il segreto che consente di sopportare la sofferenza più grande, non è quello di immaginare la sua fine, ma di trovare significato nel suo presente” (Viktor Frankl).