Nella storia recente della Repubblica diversi leader hanno svolto contestualmente il ruolo di premier e capi di partito: Craxi, De Mita, Berlusconi, Renzi… ora tocca a Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e capo indiscusso di Fratelli d’Italia. Ma la navigazione non appare facile, com’è emerso dalla complessa vicenda dell’anarchico Cospito: da un lato la premier ha invocato l’unità di tutte le forze politiche contro le minacce della galassia anarchica allo Stato, dall’altro ha difeso gli esponenti di Fratelli d’Italia Donzelli e Delmastro, autori di un durissimo attacco al primo partito d’opposizione, il Pd. Mano tesa da un lato, pugno di ferro dall’altro.
Le accuse ai Dem sono senza precedenti: collusione con i terroristi e con i mafiosi agli eredi di Aldo Moro, Pio La Torre, senza dimenticare il fratello di Mattarella. L’attacco, in pieno Parlamento, è stato reso possibile per le informazioni “sensibili” fornite dal sottosegretario Delmastro al numero due di Fratelli d’Italia Donzelli, sulla visita di alcuni parlamentari del Pd ad Alfredo Cospito, nel carcere sardo al regime del 41 bis.
La vicenda ha ricompattato le opposizioni, unite nel chiedere le dimissioni del sottosegretario Delmastro per aver diffuso notizie riservate per fini di partito; il più critico è stato il leader centrista Calenda, che ha messo in discussione la guida del governo. Ora si attende il voto della Camera, con una posizione molto defilata di Forza Italia che attraverso le dichiarazioni di Berlusconi e Tajani non ha condiviso le scelte di Fratelli d’Italia. Gli azzurri sono inoltre preoccupati per i sondaggi sul voto di domenica alle regionali del Lazio e della Lombardia: continuerebbe l’avanzata della Meloni ai danni di Berlusconi e Salvini, nonostante la presenza nel Governo: un fenomeno negativo già vissuto nel Pd nell’Esecutivo Conte-due e dalla Lega con Draghi. Per Forza Italia ci sono previsioni da risicata sopravvivenza: 6-7%. Secondo il Cavaliere, la maggioranza è troppo a destra per l’elettorato forzista. In concreto una richiesta indiretta alla Meloni di non egemonizzare la guida della coalizione con il suo doppio ruolo.
La Lega, anch’essa con sondaggi a una cifra, per ora mantiene un basso profilo avendo ottenuto un primo sì al disegno di legge del ministro Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni. È un passo importante, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga, a cominciare dalla forte opposizione delle Regioni del Sud, che temono un ulteriore declino. La materia legislativa assente, per ora, è quella finanziaria: il disegno di legge non indica quali risorse lo Stato conferisce per garantire in tutto il Paese i “Lep”, ovvero i Livelli Essenziali di Prestazione; senza questa misura sarebbe difficile l’assenso finale del Capo dello Stato, garante dell’unità del Paese.
A questo riguardo molti osservatori si chiedono se, dopo il voto regionale, il ddl Calderoli non possa bloccarsi nei dedali delle commissioni parlamentari, in attesa della riforma della Presidenza della Repubblica, che Fratelli d’Italia ritiene prioritaria. Dal caso Cospito alla novità della riforma regionale è forte il dubbio sulla preminenza dei temi della campagna elettorale rispetto all’autenticità delle scelte.
L’opposizione, che va divisa al voto regionale, dopo il caso Donzelli-Delmastro, sembra consapevole dello spazio politico lasciato all’egemonia di Fratelli d’Italia: in primis Azione, dopo la mano tesa iniziale alla Meloni, è passata a una linea intransigente, a cominciare dalla riforma presidenziale; Pentastellati e Dem hanno invece riavviato il dialogo nelle commissioni parlamentari, nonostante i dubbi di Conte e Grillo.
Nel Pd va avanti la contesa per le primarie tra i quattro candidati, con i primi voti degli iscritti che vedono, nell’ordine, Bonaccini, Schlein, Cuperlo, De Micheli. Sui media non sembra emergere un grande interesse sui temi programmatici, prevalendo l’attenzione sulle persone in lizza. Alcuni politologi, riferendosi alla nascita del Pd nel 2007, hanno lamentato l’assenza di riferimenti espliciti al pensiero sociale di ispirazione cristiana e alla tradizione socialista, con l’attenzione incentrata sui temi istituzionali e sull’attività di governo; in altre parole una richiesta di “valori forti”, non solo di una gestione riformista o “verde” di un popolo di sessanta milioni di persone.