(Cristina Terribili)

ROMA – Dopo la notizia della recente costituzione dell’intergruppo parlamentare “Giovani si diventa! Il diritto ad una longevità di qualità”, che si propone lo scopo di tutelare i “senior”, mi sono chiesta quando si diventa vecchi. Perché, dopo che abbiamo deciso di togliere il dolore dalla nostra società, dopo che abbiamo stabilito che non ci possono essere persone brutte, dopo che abbiamo edulcorato ogni pillola da inghiottire, abbiamo anche deciso di abolire la vecchiaia, sostituendo la parola “anziani” con “longevi”.

D’altra parte il termine vecchiaia sembra un insulto a tante cose: se si è vecchi si perdono le cose, ci si rincitrullisce, si diventa un peso per tutti. Se si è vecchi si hanno i dolori, ci si lamenta, bisogna essere accompagnati dal dottore e bisogna fare i conti con la vedovanza, la solitudine, con la morte.

Se si è longevi invece si è sempre giovani. Significa che abbiamo trovato l’elisir di lunga vita e che, come in “Cocoon” (bellissimo film del 1985), chi non invecchia si trasferisce per continuare ad amare un po’ di più. Perché chi sale nell’astronave sono gli anziani in coppia, felici, che hanno figli con famiglie tutto sommato stabili e che si possono permettere di vivere una terza vita in libertà.
In “Cocoon – il ritorno”, le tre coppie di anziani partite nel primo film ritornano: per nostalgia, per stare vicino alla famiglia e ci sarà chi rimane e chi porterà con sé altri affetti. Perché se si vuole essere veramente liberi, a qualunque età, bisogna poter scegliere.

Ad ogni modo, il neonato gruppo di lavoro parlamentare intende impegnarsi nello studio e nella modifica delle condizioni che favoriscano la tutela e la valorizzazione degli anziani – pardon, dei longevi –: dalla modifica dell’articolo 31 della Costituzione ai servizi ad hoc per chi ha più di 65 anni, superando il concetto delle RSA e, ad esempio, valutando come ripopolare borghi abbandonati in grado di poter accogliere popolazioni anziane attive. Tutto bello, in teoria, anche se si rischia di riflettere in termini economici e di lasciare indietro chi non rientra in certi parametri perché ha bisogno di assistenza.

In questo ultimo strano periodo di chiusure per fronteggiare la pandemia abbiamo visto molti anziani-longevi portare al parco i nipotini, così come ne abbiamo visti tanti non potersi muovere da casa perché dovevano assistere un congiunto malato impossibilitato a rientrare in strutture di assistenza e cura. Nella consapevolezza che è difficile accontentare tutti, trovare tante soluzioni quanto è eterogenea la popolazione anziana o longeva che sia, avviciniamoci meglio a quello che ci propone l’OMS, che ci invita ad un invecchiamento sano e attivo, che si basa sui pilastri di salute, partecipazione e sicurezza.

Sembra grosso modo la stessa cosa: eppure, lo slogan “giovani si diventa” ha in sé una menzogna. Il fatto è che giovani non lo si è più, nostro malgrado e per fortuna. Per fortuna, perché vuol dire che siamo riusciti ad avere il dono della vita a lungo, fare esperienza, aver imparato a distinguere meglio gli eventi della vita. Se si ribadiscono il valore e il diritto ad essere anziani, si possono mettere a frutto le conoscenze e le esperienze, divulgandole, mettendole a disposizione di chi non le ha. Attraverso il volontariato molti anziani, lucidi e capaci, fanno un lavoro eccellente per la comunità: insegnano ai ragazzi, curano, scrivono. Hanno però diritto, o ne dovrebbero avere, anche al riposo, ad un ritmo di vita più consono, a cure per le malattie del corpo e della mente; hanno bisogno di accessi facilitati, servizi continuativi e persone gentili agli sportelli e di non diventare mera economia da sfruttare.

Non è diventando giovani che si viene ascoltati, che si partecipa di più e meglio al cambiamento sociale: anzi, spesso neppure i giovani, proprio perché tali, vengono presi in considerazione. Per poter partecipare attivamente c’è bisogno di tutti, del riconoscimento del valore umano ad ogni età ed in ogni condizione. C’è bisogno di tavoli di confronto che, partendo dal basso, rappresentino le diverse fasce di bisogni, c’è necessità di spirito collaborativo e di attenzione reciproca. C’è bisogno di riconoscimento, ognuno per come è, con le rughe, con il bastone da passeggio, ma anche con il pannolone e con la memoria che va e che viene.

Auguriamo all’intergruppo parlamentare un lavoro certosino e veloce in grado di offrire tante opportunità di salute, perché solo con la garanzia di salute fisica e psicologica ci si può sentire sicuri di muoversi in un Paese a misura di tutti.