(Doriano Felletti)

Un filo sottile lega Ivrea e l’Olivetti a due delle più grandi aziende del made in Italy: la Zanichelli e la Aurora Penne. Il trait d’union è Giovanni Enriques. Nacque a Bologna il 24 gennaio 1905, terzogenito di una famiglia di origine ebraica. Suo padre Federigo, nato a Livorno il 5 gennaio 1871, fu un celebre matematico, storico della scienza ed epistemologo, docente di Geometria proiettiva e descrittiva all’Università di Bologna dal 1894 al 1922 e successivamente docente di Matematiche e geometria superiori all’Università di Roma.

La madre, Luisa Miranda Coen era figlia di Achille Coen che fu docente di storia antica all’Accademia scientifico – letteraria di Milano e, dal 1887, all’Istituto di Studi superiori di Firenze. Gio-vanni frequentò il Liceo Ginnasio Galvani a Bologna ma, nel 1922, seguì il padre a Roma e si iscrisse al Liceo Tasso dove conseguì il diploma. Nel 1923 si iscrisse al biennio universitario di Fisica e matematica, dove conobbe Ettore Maiorana ed Emilio Segre; in seguito, passò alla Scuola di Ingegneria dove si laureò nel 1929.

Nel 1930 fu assunto all’Olivetti come apprendista e si occupò di alcuni studi preparatori riguardanti la macchina per scrivere M40. Nel 1931 chiese un periodo di aspettativa per compiere un viaggio di studio e di lavoro negli Stati Uniti, durante il quale visitò fabbriche, università e centri culturali e fece brevi esperienze di lavoro. Ritornato in Italia nel 1932, accettò nuovamente l’offerta della Olivetti di entrare negli uffici appena aperti a Milano. Nel 1936 fu chiamato a dirigere, con ampie deleghe, l’Ufficio esteri, ottenendo risultati molto positivi nelle esportazioni dei prodotti. Nel 1936 sposò Emma Cossattini ed insieme ebbero tre figli, Luisa (1938, deceduta nel 1940), Lorenzo (1939) e Federico (1941); Emma morì il 16 ottobre 1943 di febbre tifoidea.

A seguito dell’emanazione delle leggi razziali fu inviato in Francia dove, nel 1939, partecipò alla costituzione della consociata SAMPO – Olivetti. Rientrò in Italia nel 1940 e continuò, pur tra le difficoltà connesse al periodo bellico, la propria attività; nel maggio 1943 si procurò un falso certificato di appartenenza alla razza ariana: «risolsi il problema con un certificato falso, materialmente compilato da un carissimo amico».

Dopo l’8 settembre 1943 entrò a far parte del «Comitato interpartitico» aziendale, fulcro del CLN di Ivrea, quale esponente del Partito liberale.

Nel febbraio 1944, quando Adriano Olivetti riparò in Svizzera, la conduzione dell’azienda fu affidata a Gino Levi Martinoli, a Giuseppe Pero e ad Enriques fino alla Liberazione. Nel gennaio 1945, nonostante la Olivetti fosse dichiarata azienda protetta in quanto fornitrice per il Terzo Reich, il Comando tedesco ne ordinò la distruzione; fu Enriques, sostenuto da Martinoli, a ritardare l’operazione, corrompendo un ufficiale tedesco, consentendo agli stabilimenti di arrivare integri alla fine del conflitto: «Lei è una persona troppo intelligente per non capire che la guerra sta per finire e voi la perderete. Lei cosa farà dopo? Noi le offriamo di diventare l’agente generale della Olivetti in Argentina, ma lei non farà saltare la fabbrica».

Terminato il conflitto mondiale, Adriano Olivetti riprese le redini dell’azienda e propose ad Enriques la direzione della filiale di Roma, destinazione gradita perché gli permetteva di occuparsi più da vicino degli affari della sua famiglia, che lì risiedeva. Ma già nel gennaio 1946 fu inviato a Glasgow per porre le basi della British Olivetti.

Nel 1947 fu nominato direttore generale commerciale.
Nel 1952 ottenne una importante fornitura di macchine per scrivere in Brasile, grazie ad una clausola che impegnava l’Olivetti a implementare in loco uno stabilimento. Questa clausola, non precedentemente concordata, creò rapporti molto tesi con Adriano Olivetti; la situazione divenne insanabile e il 2 gennaio 1953 Enriques diede le dimissioni ed iniziò a valutare altre possibilità lavorative.

Nel 1946 la famiglia Enriques aveva beneficiato della suddivisione dell’eredità di Isaia Levi, imprenditore nato a Torino il 20 novembre 1863 che aveva sposato Nella Coen (sorella di Luisa) con la quale ebbe l’unica figlia Giorgina, venuta a mancare a 13 anni. In mancanza di eredi diretti, il suo patrimonio fu suddiviso fra i nipoti. Fu così che Giovanni acquisì un terzo delle quote azionarie della Zanichelli e la maggioranza delle quote della Aurora Penne.

La casa editrice Zanichelli nacque a Modena nel 1859, su iniziativa del fondatore Nicola, e fu trasferita a Bologna nel 1866. Nel 1906, la casa editrice divenne una società per azioni e Federigo Enriques entrò nel consiglio di amministrazione. Egli era in contatto con Zanichelli fin dal 1898, quando pubblicò «Lezioni di geometria proiettiva» e da allora fu con continuità vicino alla casa editrice, ispirando molte delle scelte in campo scientifico.

Nel 1930, quando gli effetti della grande crisi internazionale travolsero molte aziende italiane, Federigo Enriques fu uno dei protagonisti dell’operazione che portò al salvataggio della società, con il passaggio della proprietà ad Isaia Levi, suo cognato, auspice la mano tesa del governo fascista che controllò l’operazione su indicazione del Ministro dell’Educazione nazionale Balbino Giuliano.

Giovanni fu eletto nel Consiglio di amministrazione nell’ottobre 1946 e divenne presidente nel 1948. Il direttore generale Ezio Della Monica, proveniente dalla Casa editrice Barbera di Firenze, rimase nel ruolo fino al 1962. In questi anni fu istituito l’ufficio vendite, potenziato il settore dell’editoria scolastica, pur senza trascurare la produzione scientifica, e ridefinito il catalogo.

Giovanni iniziò ad occuparsi di editoria nel 1952, quando impiantò a Torino la Editoriale Aurora Zanichelli il cui catalogo era costituito da annuari e opere di carattere enciclopedico, fra le quali si ricorda la AZPanorama. Questo gli diede modo di imparare il mestiere dell’editore, acquisendo competenze e stringendo collaborazioni e relazioni che gli furono certamente utili nella gestione dell’azienda bolognese.

Negli anni tra il 1959 e il 1960 rilevò le quote azionarie detenute dalle sorelle Alma e Adriana e arrivò a detenere la maggioranza assoluta del capitale sociale. Da quel momento intervenne con maggiore decisione nella gestione della casa editrice, affidando la direzione editoriale a Delfino Insolera e riorganizzando la gestione dell’azienda, curando la produzione e la pubblicazione di testi didattici e di divulgazione scientifica e allargando il raggio delle collaborazioni editoriali. Ma Enriques rilanciò anche la produzione delle opere di consultazione, quali enciclopedie e dizionari, tra cui il fortunatissimo Zingarelli i cui diritti erano stati acquisiti dall’editore Bietti fin dal 1941. Negli anni lo affiancarono i figli Federico e Lorenzo; la casa editrice è ancor oggi guidata dagli eredi della famiglia Enriques.

La Fabbrica italiana penne a serbatoio Aurora fu fondata a Torino nel 1919 da Isaia Levi; lo stabilimento aveva sede in via della Basilica 9 ma, a causa dei bombardamenti del 1943, l’azienda trovò una nuova sede in strada Abbadia di Stura dove opera ancora oggi. Nel 1946, Giovanni Enriques si ritrovò azionista di maggioranza, nel 1948 divenne amministratore delegato e nel 1953 presidente.

A partire dall’inizio degli anni Cinquanta avviò un graduale programma di riorganizzazione e di rilancio, puntando in particolare sull’innovazione e sull’industrial design, in linea con la tradizione olivettiana. Nel 1947 fu prodotto il modello Aurora 88, ideato da Marcello Nizzoli, che rimarrà in produzione per oltre un trentennio. Nel 1961 cedette le proprie quote azionarie a Franco Verona, quando decise di dedicarsi in maniera esclusiva alla Zanichelli, anche se mantenne la presidenza onoraria fino al 1981.

Giovanni Enriques lasciò la presidenza della Zanichelli nel 1987 e morì a Milano, dove si trasferì dopo il suo secondo matrimonio con Jose Bozzi, vedova Biscaretti di Ruffia, il 21 maggio 1990.