(di Franco Chittolina) Giovedì 28 giugno prende il via uno dei Consigli europei più attesi degli ultimi anni e ancora non si riesce a intravvedere quali possano esserne gli esiti. Alla nebbia che avvolge la data del 28-29 giugno a Bruxelles sono in molti a dare il contributo dell’incertezza, con l’Italia per una volta grande protagonista, ma anche gli altri non scherzano.
Vada per la Spagna che al Vertice arriva con il nuovo governo a guida socialista, che però sul futuro dell’Unione europea sembra avere idee chiare, forse un pò meno sulla soluzione della crisi catalana.
Idee chiare – e anche un pò “fisse” – sembrano averle tanto i Paesi rigoristi del Nord a guida liberale olandese quanto i Paesi nazional-populisti del Gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, a cui andrà aggiunta l’Austria e, forse presto, anche l’Italia), ostili a progredire nel processo di integrazione europea. Fin qui tutto come da copione. Le novità vengono da tre “Paesi fondatori” – Germania, Francia e Italia – che si presentano all’appuntamento di Bruxelles non proprio come si sarebbe potuto ancora pensare a inizio anno.
A Bruxelles la Cancelliera Angela Merkel, indebolita dopo le ultime elezioni, arriva con la sua tradizionale prudenza, se possibile ulteriormente rafforzata per le tensioni presenti nella sua maggioranza, in particolare con i bavaresi guidati dal suo ministro dell’Interno, e preoccupata che l’Unione Europea scivoli sul piano inclinato di un’”Unione dei debiti”, con un pensiero rivolto in particolare all’Italia.
Il Presidente francese, Emmanuel Macron, si presenta al Vertice con i segni lasciati dagli schiaffi ricevuti da Donald Trump, dai sorrisi astuti di Vladimir Putin e dalle tensioni con il governo italiano, a cui si aggiungono i non pochi problemi che ha in casa propria. Ma soprattutto porta sul tavolo del Consiglio europeo solo più i resti delle speranze suscitate per il rilancio dell’UE dopo la sua trionfale elezione e l’ambizioso discorso alla Sorbona, poi già temperato nel suo recente intervento al Parlamento europeo.
È in questo contesto che fa il suo ingresso sulla scena europea il nuovo governo italiano, con il Presidente Conte al suo debutto affiancato forse, in competizione tra di loro, dal suo ministro degli Esteri, europeista convinto, o dal ministro per gli Affari europei, ostinato euroscettico e “anti-tedesco”. Forse su tutti questi collaboratori prevarrà alla fine la guardia ravvicinata dei suoi due vice-presidenti, anch’essi con idee apparentemente diverse sulla collocazione dell’Italia in Europa, e non solo.
Sul tavolo di Bruxelles c’è un menu di non facile digestione. In ordine di priorità: le migrazioni; la sicurezza e la difesa; l’occupazione, la crescita e la competitività, l’innovazione e l’Europa digitale; il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e le relazioni esterne. Per concludere, senza la partecipazione del Regno Unito, con un confronto tra i 27 sull’evoluzione di Brexit.
Da augurarsi che il neofita Conte regga a un confronto difficile su temi molto sensibili per l’Italia, in particolare dopo l’entrata a gamba tesa di Salvini sui migranti che all’Italia ha procurato ostilità e isolamento, aggravato dalla solidarietà espressa dal Gruppo di Visegrad e, in funzione anti-Merkel, dai bavaresi. Ma non meno delicato il confronto che si annuncia in materia di sicurezza e difesa e di relazioni esterne, dopo le dichiarazioni filo-russe del nuovo governo che hanno messo in allarme anche la NATO. Per non dire del futuro delle risorse finanziarie UE che prevedono una forte riduzione per l’agricoltura, da cui l’Italia ha sempre attinto abbondantemente. E, come dessert finale, i temi dolorosi per l’Italia dell’occupazione che sale troppo poco, la crescita che oscilla su valori modesti e la competitività che ci vede agli ultimi posti in Europa.
Buon appetito, Italia!