Dal 23 al 25 giugno scorso si è svolta a Sassari, l’11a edizione del Forum Europeo per la Giustizia Riparativa. All’interno di questo evento, la Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha con forza ribadito la necessità di un intervento che contribuisca a creare un dialogo tra le parti in conflitto, e in grado di fornire una risposta differente all’esigenza di tutta la comunità di fronte ad un reato. La Ministra ha inserito la giustizia riparativa nella legge delega per la riforma del processo penale, in cui propone di mutare i paradigmi tradizionali del processo penale, ed auspica una generalizzazione del processo in tutte quelle aree di interesse in cui è possibile cercare una soluzione alternativa alla risoluzione dei conflitti.

L’idea di una giustizia riparativa nasce tra gli anni ‘60 e ‘70 in Canada e negli Stati Uniti, nel tentativo di provare progetti innovativi capaci di mettere a confronto l’aggressore e la vittima. Da quei primi tentativi si generò, a partire dai Paesi anglosassoni, un modello di mediazione penale tra le due parti. Tra gli anni ’80 e ’90 queste esperienze furono raccolte da molti Paesi europei; in Francia e Belgio divennero parte degli interventi a favore della vittima.

Sebbene il processo di sviluppo della giustizia riparativa fu molto lento, il Nord Irlanda negli anni ’90 fu il primo Paese a introdurre i programmi di mediazione penale all’interno del sistema giuridico giovanile, aprendo le porte a una giustizia per tutta la comunità: un crimine colpisce tutti, rende l’intera comunità più fragile e per questo la comunità stessa deve trovare i sistemi e i modi utili per poter ricucire gli strappi provocati dall’aggressione e dalla violenza. Dal 2010 anche nei Paesi Bassi è stato dato forte impeto alla giustizia riparativa attraverso specifici programmi e politiche.

Oggi possiamo contare su una serie di buone pratiche e di progetti che restituiscono dignità alla vittima, ristabilendo quelle relazioni fragili tra società civile e sistema giuridico. Il legame importante con la giustizia sociale permette ai valori della giustizia riparativa di potersi ampliare ai contesti scolastici, ai posti di lavoro, alle buone pratiche di vicinato, e di trovare per tutti un modo di risolvere i conflitti e acquisire tutte le abilità che consentono di solidificare le basi per una convivenza sociale democratica. La giustizia riparativa permette, attraverso le tecniche di mediazione, incontri allargati con la comunità e con le vittime.

Nel 2021, la “Dichiarazione di Venezia” ha delineato i vantaggi del ricorso alla giustizia riparativa ma ha anche posto la giusta enfasi sulla formazione che un mediatore deve avere per poter promuovere un percorso di riparazione. Una forte attenzione viene data all’ambito della giustizia minorile per evitare stigmatizzazioni ed esclusioni dalla società: il minore che ha commesso reato deve arrivare a comprendere il dolore e il danno provocati e “ripararli”.

La giustizia riparativa concede uno spazio importante tanto ai colpevoli quanto alle vittime, per le quali ogni sentenza lascia sempre una sensazione di ingiustizia, di mancanza di un ascolto profondo del dolore arrecato. La vittima di un reato ha bisogno di sentirsi sostenuta da tutti, ma vanno considerati vittime anche i familiari ed il contesto. Se anche l’aggressore potrà avere accesso non solo a sanzioni punitive, ma anche a condotte riparatorie, sarà più facile arrivare a quel cambiamento vero, in grado di superare forme di odio sociale e di discriminazione.