BUROLO – La cappella della Maddalena a Burolo è più antica del dipinto che ospita, rientrando fra le chiese romaniche che dopo l’anno Mille si sono diffuse in modo capillare nel nostro comprensorio e “il mio intento – afferma il professor Ricciardone – è di condividere una rilettura dell’unico affresco conservato in questa cappella romanica”.

L’Amministrazione comunale, cogliendone l’importanza, la rende accessibile durante la stagione estiva attraverso periodiche aperture. A divulgare i risultati della sua ultima ricerca sarà proprio Silvio Ricciardone, docente di Storia dell’Arte presso il Liceo “Carlo Botta” di Ivrea nonché appassionato studioso di pittura medievale, domani sera presso la Sala Congressi del Comune di Burolo, alle ore 20.30.

“L’unico affresco conservato nella cappella romanica della Maddalena di Burolo è un’opera che risale agli anni Venti-Trenta del Quattrocento, appartiene al filone stilistico del Tardogotico, ovvero a quel fenomeno, diffusosi in particolare nelle corti signorili, che esalta l’aspetto decorativo e l’eleganza dei personaggi. Del resto, in quanto area di confine – precisa Ricciardone – il Canavese recepisce con ritardo le novità che nelle zone meno periferiche della nostra penisola prendono piede nel corso del XV secolo: da noi lavorano pittori poco noti al grande pubblico, come Giacomino da Ivrea, il forestiero Aimone Duce di Pavia e Domenico della Marca di Ancona, i quali, a fronte di un certo arcaismo, conservano un innegabile fascino per il clima da festa al castello che spesso pervade le loro opere – prosegue il professore – Domenico della Marca di Ancona, in particolare, potrebbe essere l’autore dell’affresco oggetto della nostra serata.

Giusto precisare, ad ogni buon conto, che l’identità e la provenienza di questo maestro sono tutt’altro che scontate, al punto che sarebbe più corretto definirlo Pseudo-Domenico della Marca”.

Sulle particolarità che hanno portato il prof. Ricciardone ad occuparsi del dipinto di Burolo ha aggiunto: “Al di là della plausibile paternità dell’opera, ritengo di grande interesse il contesto storico-sociale che scaturisce dalla sua disamina: la scelta del tema, finora ritenuto una Crocifissione ma che, a mio avviso, andrebbe ridiscusso, l’identificazione dei Santi, non sempre condivisa dagli studiosi, l’intrigante figura della committente aprono uno squarcio sull’atmosfera da Autunno del Medioevo, per citare lo storico Huizinga, che si viveva in un piccolo centro del Canavese.

Sia per gli aspetti stilistici sia per le problematiche, per così dire, antropologiche” – conclude Ricciardone – “mi sono avvalso degli studi da me condotti sulla pittura tardogotica non solo locale ma anche della Campania settentrionale: il gusto tardogotico, infatti, sembra unire l’Italia politicamente divisa di fine Trecento ed inizio Quattro-cento mediante temi e soluzioni molto simili”.