(Mauro Saroglia)

Non solo a Torino, non solo maschi, quasi solo italiani. E’ la fotografia che emerge dall’indagine commissionata dalla Città metropolitana, e realizzata da Cesare Bianciardi del Dipartimento di culture, politiche e società dell’Università di Torino, sugli “homeless”, i senza fissa dimora, presentata ieri pomeriggio.

Nel 2017 erano state “censite” sul territorio 101 strutture tra dormitori, social housing, mense, centri d’ascolto per la distribuzione di beni di prima necessità e ambulatori sociali; 36 servizi sociali impegnati quotidianamente con utenza homeless; oltre 50 Comuni interessati dal fenomeno e più di 30 quelli che hanno concesso la residenza anagrafica in via fittizia per permettere ai senza tetto l’accesso alle prestazioni sociali e sanitarie; 550 i senza dimora censiti. Ovviamente quest’ultimo dato è da prendere con le pinze: per ovvi motivi i senza fissa dimora sono soggetti che sfuggono alle normali fonti di censimento, e spesso ricevono aiuto da strutture private che non sono in rete con i servizi pubblici.

L’indagine ha avuto un secondo “step”: un tentativo di conoscere più nel dettaglio il profilo di questi “invisibili” e mettere in evidenza le buone pratiche per affrontare il fenomeno. L’indagine si è concentrata in particolare sui territori di Pinerolo, Rivoli, Settimo e Chivasso, scelti tenendo conto del numero di presenze di homeless rilevate nel 2017 e dell’attribuzione della residenza anagrafica fittizia quale indicatore di un processo strutturato di presa in carico.

A distanza di un anno, nel 2018, si è rilevata una variazione di +20% dei senza dimora presenti sul territorio metropolitano, pari a un aumento di 111 unità: l’aumento è imputabile, in parte, a una più puntuale annotazione del fenomeno, cioè con il censimento di senza dimora anche in molti Comuni dove il fenomeno non era stato rilevato nel 2017, e tra questi, in Canavese, Cuceglio, San Martino e Mazzè. L’aggiunta dei nuovi Comuni porta il numero totale di quelli in cui sono presenti homeless a 60, quindi il 19% dei Comuni della Città metropolitana.

Tre sono le tipologie di homeless presenti sui territori metropolitani: “in transito”, vale a dire la tipologia classica del senza dimora itinerante, che ha sviluppato capacità di adattamento al vivere per strada (tipologia ormai residuale); soggetti portatori di quelle che vengono definite “fragilità di base”, quali dipendenze, malattie o con alle spalle famiglie fragili; persone definite “normali” che cadono nella condizione di homeless a causa di un “evento scatenante”, come la perdita di fonti di reddito o del lavoro, la separazione dal coniuge, un lutto importante.

Resta netta la prevalenza maschile: uomini soli, spesso in età attiva, separati, con reti parentali non solide o completamente dissolte. Ma in alcuni territori sta assumendo rilevanza la presenza femminile: sono solitamente donne sole, single perché separate o perché non sposate, che vivevano con i genitori e si mantenevano attraverso lavori saltuari: al momento della morte dei genitori non riescono più a mantenersi e a mantenere la loro abitazione.

Riguardo alla nazionalità degli utenti, al di fuori del capoluogo si evidenzia una netta prevalenza di italiani. Solo a Pinerolo – nelle valli è presente in maniera massiccia il fenomeno dell’accoglienza diffusa dei migranti – pare assumere rilevanza il fenomeno di chi esce dal percorso di accoglienza e non è utente dei servizi sociali (in quanto clandestino).
I dati relativi a Chivasso vedevano censiti, al 2017, 49 senza fissa dimora, 39 uomini e 10 donne; la massima concentrazione è nelle fasce di età 35-44 anni (12 persone) e 55-64 anni (16). Per quanto riguarda la nazionalità, 44 su 49 sono italiani.

Il territorio chivassese è ricco di esperienze significative, come l’affido adulti e l’ampio utilizzo dell’agricoltura sociale per affrontare il fenomeno della grave marginalità sociale. Su Chivasso – oltre ad una mensa sociale – è attivo dal novembre 2015 un dormitorio pubblico con la possibilità di accogliere 12 persone. Il dormitorio ha la presenza costante di due operatori, educatori professionali ed elevati standard di accoglienza, è aperto ogni giorno e la domenica – giorno nel quale la mensa sociale è chiusa – viene fornito anche il pasto. La dimensione contenuta e il modello di accoglienza “familiare”, con la presenza costante di operatori, permettono di evitare il rifiuto che molti homeless hanno di fronte a tali soluzioni alloggiative, spesso ritenute insostenibili per la loro promiscuità.