(Editoriale)

I tantissimi bambini, ragazzi e giovani scesi nelle strade e piazze di paesi, città e metropoli del mondo hanno indispettito non poche persone e ambienti e si sono tirati addosso una valanga di critiche. La cosa più semplice ed immediata da osservare è che ai giovani sembra ci sia sempre qualcosa da rimproverare; se tacciono perché tacciono, se sono indifferenti perché sono indifferenti, se parlano perché parlano. Non ne va mai bene quasi nessuna. Invece, quella di venerdì ci è parsa andare bene, seppur con le sbavature presunte o reali che gli osservatori – soprattutto se critici – hanno evidenziato.

Un’amica insegnante, fervente del green, faceva notare ai colleghi, non ferventi del green, che per i giorni di scuola persi per una gita, una settimana bianca o altro, nessuno ha mai gridato allo scandalo, come invece è avvenuto per la giornata “buca” di venerdì scorso.

Ma è andata veramente buca quella giornata? Crediamo di no, e in qualche modo c’è da felicitarsi anche se a noi, vecchiotti di altra generazione, scoccia che i giovani ci dicano che abbiamo sbagliato qualcosa e che a molte cose non abbiamo fatto attenzione per evitare di rovinare meno il mondo che abbiamo sotto ai piedi. Al netto di tante cattiverie – sovente gratuite – rivolte ai giovani protestatari green, va riconosciuto che uno scrollone alla coscienza popolare lo hanno dato.

Facciamo fatica, sempre, ad accettare le critiche e a lasciarci mettere in discussione, ma dobbiamo riconoscere umilmente che ciò è salutare. Certo, anche ai nostri occhi alcune incongruenze tra il dire e il fare, tra il proclamare e il testimoniare, tra crederci veramente per alcuni e il far finta di crederci per altri approfittando per saltare le lezioni, sono apparse evidenti, girando per le strade venerdì scorso. Ma non siamo propensi a buttare via il bambino con l’acqua sporca, come si suol dire.

Il richiamo è stato forte per noi nati senza la raccolta differenziata, senza i semafori colorati per il blocco del traffico a causa dell’inquinamento e abituati ad andare in auto a comperare le sigarette, e rigorosamente uno solo per auto per fare più o meno gli stessi tragitti tra casa, scuola, lavoro, divertimento. Per noi, vissuti con il rubinetto aperto, che solo per lavarci i denti sciupiamo due litri di acqua, tutti insofferenti e anche menefreghisti di sapere che alcune guerre, magari non così lontane come si potrebbe pensare, non sono più per la conquista del petrolio ma per il dominio e il controllo sull’acqua che scarseggia. Per noi, che i paradisi terrestri vicini e lontani, abbiamo pensato a razziarli piuttosto che a proteggerli o comunque mai troppo capaci di trovare un compromesso tra utilizzo e conservazione.

Sentivo dire, anche solo cinquanta anni fa, che la natura si ribella, a commento di fenomeni tragici. Vuol dire che si percepiva che qualcosa non funzionava appieno nel comportamento umano, ma non c’era ancora la coscienza di opporvisi, di trovare rimedi, di mettere la parola fine. Lo si diceva, e tutto finiva li. Si sa, d’altro canto che cambiare i comportamenti non è facile e sovente sono necessari dei solenni ceffoni. La violenza con la quale la natura oggi si ribella alla violenza comportamentale dell’uomo nei suoi confronti è aumentata, è visibile dalla televisione al web ovunque si produca, e talvolta ci tocca da vicino, tanto da farne esperienza diretta. Per favore, non cominciamo con spaccare il capello in due tra cambiamenti climatici e inquinamento per continuare a disquisire su di chi è la colpa e a non fare nulla di tutto ciò, ed è molto, che invece è nelle nostre possibilità.

Lasciamoci provocare da ciò che c’è di bene e di bello – ed è tanto – nelle critiche e nelle manifestazioni dei giovani, certamente più sensibili e attenti di quanto non lo fossimo noi, ai nostri tempi. Lasciamoci dire che abbiamo sbagliato su tante cose nei confronti dell’ambiente e impariamo a fare ciò che è necessario per correre ai ripari.

Crescere, maturare, è nell’ordine delle cose e se c’è chi ci aiuta a farlo, perché no? Quanti genitori e nonni hanno imparato l’uso del web e dei social e a smanettare sugli smartphone grazie a figli e nipoti nativi digitali. Ecco le cose stanno più o meno così!