In questi giorni, l’Aero-nautica Militare Italiana compie cento anni. La storia del volo coinvolge il territorio chivassese fin dal XVIII secolo. L’11 dicembre 1783, a Torino, i soci dell’Accademia delle Scienze lanciarono dalla piazza d’Armi di Porta Susina (nei pressi dei Quartieri Militari Juvarriani in via del Carmine) un pallone aerostatico gonfiato con idrogeno che, lasciato libero, s’involò scomparendo dalla vista.

L’indomani si apprese, per mezzo di un espresso inviato dal Capitano di cavalleria Beccaria, che il pallone era caduto presso la Cascina Giletta, a poche centinaia di metri dalla Località La Mandria, frazione del Comune di Chivasso dove erano le scuderie dei cavalli del Re. La Mandria di Chivasso, edificata a partire dal 1763 su progetto dell’architetto Giuseppe Giacinto Bays, ospitò a partire dalla vigilia del primo conflitto mondiale un campo di aviazione e di riparazione di velivoli, su ampi terreni pianeggianti posti a nord dell’abitato.

Con la costruzione dei primi aeroporti, sorsero in tutto il territorio nazionale una serie di campi di emergenza, dislocati lungo le principali rotte aeree e intervallati fra di loro di poche decine di chilometri che costituivano una rete di luoghi di atterraggio di sicurezza per i velivoli. La rotta fra l’aeroporto di Torino Mirafiori e Pordenone era una delle più importanti e su questa direttrice, all’inizio delle ostilità, fu intensificata la ricerca di campi di appoggio.

Pochi giorni dopo l’ingresso dell’Italia in guerra, la Direzione Tecnica dell’Avia-zione Militare di Torino inviò una circolare urgente a tutti i comuni della fascia pedemontana chiedendo di segnalare terreno, a campo o a prato, potenzialmente idoneo all’atterraggio degli aeroplani, con una dimensione minima utile di 300 per 100 metri, “possibilmente piano, non attraversato da fossi, né interrotto da arbusti o da piante e lontano da condutture elettriche o fili di qualunque specie, comunque distesi alle altezze consuete”. Nel maggio del 1917 l’Ufficio Rotte Aeree della Direzione Tecnica dell’Aviazione Militare di Torino diede alle stampe una brochure contenente 32 schede in cartoncino ognuna delle quali riportava la pianta dei campi di emergenza posti lungo la rotta aerea.

A Chivasso furono inizialmente individuati alcuni terreni a nord dell’abitato, ma, in seguito, il campo d’atterraggio fu spostato alla Mandria. Alla fine della guerra il campo volo fu gradualmente dismesso; nell’autunno del 1918 gli hangar furono trasformati in baracche, utilizzate per offrire un’ospitalità temporanea ai soldati di nazionalità polacca dell’esercito austroungarico, i quali nel 1919 furono inviati in Francia, da dove raggiunsero la Polonia che aveva da poco riacquistato l’indipendenza. I terreni furono acquistati da privati e destinati ad uso agricolo.

Anche se gli aerei divennero sempre più efficienti e con maggior autonomia, l’Avia-zione Militare necessitava di una rete di campi volo d’emergenza e, non potendo più utilizzare quello di Mandria, fu individuato un ampio terreno a fianco della frazione Casabianca di Verolengo della superficie di 8,6 ettari; il campo venne progressivamente ampliato nel 1928, nel 1936 e nel 1938 con l’occupazione di nuovi terreni raggiungendo un’estensione complessiva di circa 107 ettari e venne dotato di una palazzina per il custode. Oltre a fornire un luogo sicuro per l’atterraggio dei velivoli, il campo divenne una delle sedi della scuola di volo senza motore creata dal Regime fascista a partire dal 1928. Presso la scuola era possibile conseguire i brevetti di tipo A e B. Gli alianti venivano trainati in volo da un aereo rimorchiatore e lanciati mediante un cavo di acciaio avvolto in un verricello.

Il corso base (tipo A) consisteva nel far eseguire agli allievi, utilizzando un aliante Zoeling, delle strisciate sul terreno del campo e dei decolli per tratti rettilinei di circa 300 metri; il corso avanzato (B) poteva essere frequentato l’anno successivo rispetto al primo e consisteva nel rimanere in volo, utilizzando un aliante Allievo Cantù, per almeno un minuto ed effettuando una serie di virate. La scuola di volo venne intitolata alla memoria del sottotenente aviatore Gastone Pisoni, caduto il 20 gennaio 1936 nel corso della Guerra d’Etiopia e che ottenne il brevetto di pilota al campo volo di Mirafiori; l’istruttore era Valentino Cus, pioniere del volo a vela che fu anche collaudatore per conto della Fiat. La scuola selezionava e preparava i giovani al futuro addestramento di pilota militare.

Stampa Sera di mercoledì 19 agosto 1936 ne raccontava l’organizzazione: “A destra della manica a vento, ci appare una macchia bianca tra granoturco e gelsi, otto o dieci tende bianche, nuovissime. Siamo al campeggio di volo a vela, organizzato dal G.U.F. di Torino […]. A Casabianca poi non si vogliono raggiungere primati, per lo meno singoli, ma si vuole portare una massa considerevole dai 100 a 150 giovani alla conoscenza elementare, teorica e pratica, del volo a vela. […] Sta completandosi la grande rimessa che ospita otto apparecchi, di vario tipo, tra i quali si pavoneggia un ottimo veleggiatore. […] Il corso durerà un mese e si farà vera vita da campo”. La Stampa di domenica 18 ottobre 1936 racconta della visita del Segretario Federale del Partito Fascista Piero Gazzotti: “si tratta di una vera fucina di piloti che entreranno, la quasi totalità, nelle file dell’Aero-nautica già parzialmente addestrati e pronti a perfezionare la loro preparazione. […] In un mese e mezzo di corso sono stati assegnati 50 brevetti; altri dieci giovani completano in questi giorni il loro corso sotto la guida del pilota Cus e degli altri aviatori istruttori”.

Con l’approssimarsi del secondo conflitto mondiale, nel 1940 furono sospese le attività di addestramento e il campo di Casabianca venne approntato per ospitare i reparti operativi della Regia Aeronautica; dopo la dichiarazione di guerra, diventò una base strategica da cui far partire le offensive aeree verso la Francia. Vennero dislocati il 151° Gruppo Caccia, con 22 Fiat C.R.42 e tre trimotori da trasporto Caproni Ca.133, e tre Squadriglie Caccia.

Tutte le strade di accesso al campo furono asfaltate; vennero piazzate mitragliatrici campali per la difesa della base, le case circostanti furono dipinte di bianco e fu installato un sistema di illuminazione per consentire gli atterraggi notturni. Ma dal 24 giugno 1940, a seguito della firma dell’armistizio tra Francia e Italia, il campo tornò ad essere utilizzato come scuola di volo senza motore, stavolta organizzato dalla Gioventù Italiana del Littorio. Dopo l’8 settembre 1943 il campo venne abbandonato dal personale della Regia Aeronautica, prima che venisse occupato dalle truppe tedesche.

Nel dopoguerra il campo volo, ormai inutilizzato, venne gradualmente dismesso e la terra tornò ai proprietari ma non senza qualche difficoltà. Nuova Stampa Sera del 25 ottobre 1947 ci racconta che “un gruppo di contadini di una frazione di Verolengo ha occupato ieri la distesa di terra, un tempo adibito a campo di aviazione, in località Casa-bianca” e che, nonostante la diffida della Direzione dell’Aeronautica, “ogni padrone è ritornato su quei terreni che possedeva prima dell’esproprio. […] Decine e decine di aratri hanno dissodato le terre da tanti anni incolte e già qualcuno ha iniziato la semina del grano”.

Termina così la storia del campo volo di Casabianca. O forse no: Stampa Sera di martedì 10 maggio 1955 ci racconta la storia di Riccardo Brigliadori, già allievo di quel campo volo, che, decollato da Linate per raggiungere Caselle, sopraffatto da un vuoto d’aria, “solo grazie alla perfetta conoscenza della località che stava sorvolando e alla perizia nella manovra dei fragili velivoli senza motore, è riuscito ad uscire indenne da un atterraggio di fortuna e a non sfasciare l’apparecchio”.

 

Nella foto in alto: sullo sfondo, due hangar del campo di aviazione di Mandria durante il giuramento degli ufficiali polacchi

 

Frontespizio della brochure contenente le piantine dei campi di atterraggio

Mappa del campo volo di Casabianca