A proposito di Federico Faggin, progettista di importanti devices quali il microprocessore Z80, Bill Gates disse “prima di Faggin, la Silicon Valley era semplicemente la valley”. Ma anche l’Olivetti ha contribuito a creare il mito della Silicon Valley, impiantando importanti laboratori di ricerca negli Stati Uniti d’America e là progettando e lanciando sul mercato dispositivi elettronici che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’informatica.

Dopo la visita, nel 1949, agli stabilimenti di Ivrea, il fisico e premio Nobel Enrico Fermi richiamò l’attenzione dell’azienda sull’importanza di progettare e sviluppare un calcolatore elettronico. L’an-no successivo, su sollecitazione dell’INAC (Istituto Nazionale per le applicazioni del calcolo), l’Olivetti decise di costituire un gruppo di ricercatori e far visitare loro i principali laboratori e centri di ricerca elettronica degli Stati Uniti. In questo gruppo c’era Michele Canepa che al termine del tour, su indicazione di Dino Olivetti, fratello di Adriano e presidente della Olivetti Corporation of America, rimase a Boston a fare esperienza presso il Computation Laboratory della Harvard University. Il progetto INAC abortì: l’Isti-tuto chiese infatti a Adriano Olivetti di finanziarlo totalmente, senza contribuirvi.

Così, nel 1952 l’azienda decise di procedere per conto proprio e di aprire un laboratorio di ricerche elettroniche a New Canaan nel Connec-ticut, la cui direzione fu affidata a Michele Canepa. Dino Olivetti fu il grande promotore dell’iniziativa: aveva maturato un’esperienza di studio e di ricerca sul territorio statunitense e si era reso conto che il futuro dell’Olivetti non poteva essere disgiunto dallo sviluppo dell’elettronica. Il laboratorio era pensato come osservatorio tecnologico, utile per acquisire esperienza nel settore.

La sua attività procedette in affiancamento al Laboratorio di ricerche elettroniche di Barbaricina, poi di Borgolombardo. Il centro di New Canaan funzionò fino al 1961 e fece importanti ricerche che confluirono nella progettazione di dispositivi sia per l’Olivetti, sia per altre aziende del mercato americano. Tra questi, anche il tamburo magnetico per la memoria di massa della CEP (Calcolatrice elettronica Pisana), progettata dall’Uni-versità di Pisa.

Terminata questa prima parentesi americana, le ricerche Olivetti si concentrarono sul territorio italiano, nel Laboratorio di ricerche elettroniche che, all’inizio degli anni Sessanta, fu trasferito a Pregnana Milanese. Dopo i successi dei vari modelli ELEA, della Programma 101 e dopo la crisi, susseguente alle morti di Adriano Olivetti e Mario Tchou, che portò alla cessione della Divisione elettronica alla General Electric e all’ingresso in società del Gruppo di intervento, passarono diversi anni prima che l’azienda di Ivrea tornasse in auge nel mercato dei dispositivi elettronici e si riaffacciasse sul mercato americano.
Negli anni Settanta, l’Olivetti riprese le ricerche e decise nuovamente di impiantare un centro negli Stati Uniti, spostandosi dalla costa atlantica verso quella pacifica: in California, nella futura Silicon Valley. Nel 1978, l’azienda aprì l’OATC (Olivetti Advanced Techno-logy Center) in una località allora poco nota, Cupertino. Giusto in quell’anno, un’altra società informatica, la Apple, si era lì trasferita da Los Altos dove era la casa dei genitori di Steve Jobs. La fondazione del ramo d’azienda fu merito di Enzo Torresi che, dopo essersi laureato al Politecnico di Torino nel 1969 in ingegneria elettronica, nel 1970 iniziò a lavorare presso gli stabilimenti di Ivrea. Alla fine dello stesso anno, Torresi fu inviato a Englewood nel New Jersey, dove Olivetti aveva un piccolo centro di ricerca. Vista l’ampia conoscenza del mercato statunitense, Torresi era la persona giusta per assumere la presidenza del centro.

Dopo alcune sedi provvisorie, nel 1980 l’OATC fu insediato in uno stabile di nuova costruzione tra il 4 di Mariani Avenue e il 10430 di De Anza Boulevard; in quei locali venne sviluppato il personal computer Olivetti M20, su progetto di Enrico Pesatori, design di Ettore Sottsass, Antonio Macchi Cassia e George Sowden e il cui nome richiamava la storica macchina per scrivere entrata in produzione giusto sessant’anni prima.

L’elaboratore montava un microprocessore Z80001 a 16 bit fornito dalla Zilog, l’azienda di Federico Faggin; il sistema operativo era il PCOS. Pur garantendo ottime prestazioni, la macchina non era conforme allo standard IBM che in quel momento si stava affermando sul mercato. Pertanto, il software applicativo prodotto per MS-DOS non poteva essere utilizzato. Per questo motivo, le vendite furono ridotte. Pertanto, l’azienda avviò immediatamente la progettazione dell’evoluzione del M20. Incaricò Luigi Mercurio che si avvalse ancora del gruppo di ricerca di Cupertino; il personal computer Olivetti M24 fu presentato alla fiera di Hannover nel 1984.

Il design era ancora di Ettore Sotsass; il nuovo elaboratore garantiva la piena compatibilità con gli standard IBM, grazie al microprocessore Intel 8086 e al sistema operativo MS-DOS. Il successo commerciale fu garantito anche grazie all’accordo strategico stipulato con la società americana AT&T, finalizzato a commercializzare le rispettive gamme di produzione. In questo modo, il M24 venne lanciato sul mercato americano e ciò garantì all’azienda importanti volumi di vendita: nel 1986 Olivetti divenne il terzo produttore mondiale di personal computer.

Il successo sul mercato indusse l’azienda a ricollocare l’OATC in una nuova sede, più grande della precedente. Il centro venne insediato in un edificio di nuova costruzione sempre a Cupertino, al 20300 di Stevens Creek Boulevard. Quando però tutto lasciava presagire una espansione della produzione, l’avvento della concorrenza, soprattutto proveniente dai mercati dell’est, comportò un cambio di strategie aziendali e già alla fine del decennio il laboratorio fu smobilitato, cessando ogni attività. Solo pochi anni dopo, l’edificio divenne la sede della Apple.