…uscì definitivamente dalla produzione la Fiat 126. Era l’anno 2000 e il mondo perdeva l’ultima superutilitaria con motore e trazione posteriore prodotta dalla casa torinese. Fu un duro colpo per la libertà di movimento su un veicolo tra i più brutti della Storia contemporanea. Ne furono prodotti qualcosa come un milione e 352.912 esemplari negli stabilimenti italiani, 3 milioni e 318.674 in quelli polacchi e addirittura 2.069 esemplari in Austria dalla Fiat-Steyr.
Si contano anche gli esemplari assemblati negli stabilimenti jugoslavi dalla Zastava, che commercializzava il modello come “Zastava 126”. Ne parlo con cognizione di causa perché la guidai per un certo periodo negli Anni ‘80, condividendone duramente la proprietà con mia madre, e fu un periodo in cui non trovai nessuna fidanzatina. Perdetti anche i pochi amici rimasti che piuttosto di salire sull’auto, andavano in autostop.
Sono lontani ricordi, che riaffiorano alla mente mentre sto’ dando la vernice alla ringhiera. È quest’ultimo uno dei lavori di manutenzione tra i più alienanti a livello psicologico. Gli incidenti sono all’ordine della pennellata: una goccia sul balcone e tre in cortile; troppo solvente e si ottiene uno stillicidio, o troppo poco e il pennello si incolla alla ringhiera. Ovviamente la parte sporgente la devi imbiaccare stando in cima ad una scala doppia e tutte le notizie degli incidenti sul lavoro ti passano davanti in un baleno insieme ad un brivido, dovuto alla scarsa dimestichezza con la posizione.
Il mattino l’aria è freddina, poi dopo le 10 ci si deve svestire per il caldo, tanto che pure l’evaporazione del solvente diventa sempre più rapida. Visti gli scarni risultati, mi procuro un trabattello ad uso amatoriale. Mi ci arrampico sopra e pongo alla giusta distanza la latta della vernice, mentre per il solvente non trovo di meglio che un vaso di vetro da marmellata.
Salgo e dopo un po’ di pennellate più efficienti, tutto sembra filare liscio. Poiché sono molto rigido nei movimenti e – dato che non sono propriamente un ginnasta – il trabattello inizia a tremare ogni volta che pesco la biacca dalla latta e mi chino in basso: sembra mi venga un attacco di “delirium tremens”. Eppure procedo incurante, con grande stoicismo. Dopo cinque minuti il tremolio si fa più forte e purtroppo mi cade il vaso di vetro con il solvente.
Un botto e la biacca con il solvente forma un macchia di circa 20 centimetri di diametro sul pavimento sottostante cosparso di vetri. Comunque, non mi perdo d’animo: afferro la latta del solvente e la verso sulla macchia e inizio a scopare via l’intruglio; ripeto l’operazione fin quasi a finire la latta del solvente. Sulle prime la strategia sembrava funzionare; oggi però mi sono accorto che la macchia ha raggiunto l’estensione di svariati metri quadrati campeggiando tragicamente in mezzo al cortile…