(Doriano Felletti)

Il film I vestiti nuovi dell’Imperatore, diretto da Alan Taylor, racconta la storia immaginaria di Napoleone il quale, esiliato a Sant’Elena, viene sostituito da un sosia e fugge in nave con l’obiettivo di tornare a Parigi. L’approdo è però ad Anversa, quindi egli si affida ad una chiatta per spostarsi in Francia. La produzione, che aveva già utilizzato diverse location del territorio piemontese (il Castello del Valentino, Vicolo Tre galline, Vicolo Santa Maria, Piazza Maria Teresa e Via Po a Torino; la Certosa Reale e il Castello dei Provana a Collegno), individua a sud dell’abitato di Agliè, sul Canale di Caluso, il luogo in cui ambientare la scena del trasbordo fluviale.

La costruzione del Canale risale alla seconda metà del XVI Secolo, allorquando una buona parte delle terre della pianura piemontese erano detenute dalla monarchia francese fin dal 1537, regnante Francesco I di Valois-Angoulême. In quei tempi il conflitto contro l’Impero Asburgico fece emergere la figura di Charles Cossè, conte di Brissac, comandante supremo delle truppe francesi, il quale nel 1550, nominato Maresciallo di Francia, fu inviato in Piemonte quale governatore e luogotenente generale del Re.

Tra le sue imprese sul territorio canavesano, ricordiamo la capitolazione di Ivrea (14 dicembre 1554) e della piazzaforte di Volpiano (19 settembre 1555). Durante l’assedio di Cuneo del 1557, dal quale le truppe francesi uscirono sconfitte, Cossè apprese della disfatta di San Quintino e ricevette l’ordine di ritirare le truppe da alcune zone occupate essendo insostenibile la situazione finanziaria dell’esercito.

Nel 1560, il Re lo nominò governatore e luogotenente della Piccardia e fece quindi ritorno in patria.

Durante la sua permanenza in Piemonte, con atto del 16 giugno 1556 Cossè acquistò da Flaminio Paleologo, marchese del Monferrato, il feudo di Caluso e nel dicembre dello stesso anno ottenne dal Re Enrico II di Valois la concessione di costruire un canale che derivasse le acque del torrente Orco, in località Spineto, per irrigare i terreni e per produrre la forza motrice necessaria ai mulini del territorio, fino a raggiungere Caluso attraverso i territori di Castellamonte, Bairo, San Giorgio Canavese, Montalenghe, Orio e Barone, stipulando i necessari atti notarili di vendita con i proprietari dei terreni; quelli di proprietà della comunità di Caluso gli furono donati con atto del 7 maggio 1559.

Per la progettazione dell’opera, Cossè incaricò Francesco Horologi, ingegnere militare originario di Vicenza, nominato “soprintendente alle fortificazioni di qua da’ monti” e autore nel 1559 del trattato Brevi ragioni del fortificare di Francesco Horologi Vicentino che conteneva 35 tavole illustrate dei luoghi fortificati del Piemonte. Il trattato di Cateau-Cambrèsis, siglato il 3 aprile 1559, pose fine al conflitto Franco Asburgico ma la sconfitta della Francia impose la restituzione di molte delle terre conquistate ai Duchi di Mantova e di Savoia. Avviata ormai la costruzione del canale, Cossè dovette riconoscere come suoi signori feudali i vecchi nemici e ad essi dovette rivolgersi per vedere riconosciuti i propri diritti in relazione ai suoi possedimenti; l’8 febbraio 1560, ottenne dal Duca Emanuele Filiberto di Savoia l’autorizzazione a derivare le acque dal Torrente Orco per il Canale di Caluso e il 18 marzo gli furono concessi privilegi contro l’usurpazione delle acque irrigue con l’istituzione di un magistrato con poteri giurisdizionali.

Gli stessi privilegi gli furono concessi, sempre nel marzo 1560, dai Duchi di Mantova, anche Marchesi del Monferrato, i cui possedimenti arrivavano fino all’abitato di Barone Canavese. Con atto del 1 gennaio 1562, Cossè permutò il feudo di Caluso, ivi inclusa la «Bealera Brissacca», con alcune baronie situate sul territorio francese di proprietà di Anna di Alençon, madre della Duchessa di Mantova e già Marchesa del Monferrato.

Negli anni successivi, il Canale di Caluso seguì le vicende del feudo e passò di mano in mano fin quando, con atto del 18 marzo 1760, finì nelle disponibilità del Conte Carlo Francesco Valperga di Masino, Marchese di Caluso che lo cedette al Regio Patrimonio Sabaudo. Nella seconda metà del XVIII secolo furono compiuti importanti lavori di miglioramento legati anche alla nascita del tenimento della Mandria di Chivasso, dipendente dall’Azienda economica della Venaria Reale, la cui costruzione fu ordinata dal Re Carlo Emanuele III di Savoia per praticare l’allevamento delle cavalle e delle puledre destinate alla riproduzione per coprire i fabbisogni della Corte e di parte dell’esercito.

Il sito fu individuato nell’area a nord della Città di Chivasso poiché situato lungo il percorso di transumanza che conduceva agli alpeggi estivi situati nel Biellese e non distante da Canale di Caluso. La progettazione dell’impianto idrico della Regia Mandria di Chivasso rese necessari il prolungamento del tracciato del Canale di Caluso e il conseguente aumento della portata d’acqua. Nel 1764 furono portati a termine i lavori di rettifica dell’alveo, eliminando l’ampia ansa che era stata costruita per aggirare il dislivello e costruendo le gallerie Bioleto e Fenoglio, lunghe rispettivamente 310 e 378 metri, sotto la collina di San Giorgio Canavese. Il progetto fu dell’architetto e agrimensore Giuseppe Giacinto Bays che si occupò anche della progettazione della Mandria di Chivasso; l’inaugurazione avvenne il 24 agosto del 1764 alla presenza di Re Carlo Emanuele III. Nello stesso tempo furono anche costruiti muri con sistemi a secco in pietra lungo il percorso per evitare fuoriuscite d’acqua e piantumati alberi lungo le sponde; furono anche eliminate alcune derivazioni d’acqua abusive che avevano ridotto la portata del canale. Nel 1767 furono completati i lavori di allargamento dell’alveo e di prolungamento fino al tenimento della Mandria.

Nel 1781 furono completati i lavori di rifacimento dello sbarramento in pietra sul Torrente Orco, con la costruzione più a monte di un nuovo edificio di imbocco in comune con la roggia di Castellamonte. Il percorso raggiunse i 28 chilometri di lunghezza (oggi sono 32 dopo il recente prolungamento fino alla Dora Baltea) con una pendenza di 124 metri, utili ad irrigare un comprensorio di 5700 ettari di terreni: il Canale divenne il più importante del Regno di Sardegna, anche per le necessità produttive dei mulini, delle fucine e delle manifatture che dalla fine del XVIII secolo si insediarono lungo le sue sponde. L’oncia di Caluso (24 litri/secondo) fu adottata come unità di misura per la distribuzione delle acque anche negli altri canali fino al 1837 quando fu introdotto il Modulo albertino, nuova misura legale inserita nel sistema metrico decimale (equivalente a circa 58 litri/secondo).

Nel periodo napoleonico il Canale fu ceduto in affitto alla Società Pastorale che aveva la gestione della Mandria di Chivasso e che sperimentò l’allevamento delle pecore per la produzione di lana merinos; nel 1818 ritornò sotto la gestione delle Regie Finanze Sabaude. L’ingegnere e architetto Ignazio Michela stese nel 1827, a seguito di una visita ispettiva, una relazione che esaminava gli aspetti finanziari legati alla sua gestione e consigliava di aumentarne la portata per estenderne il comprensorio irriguo; a quel tempo si contavano 53 ponti di cui 23 in muratura e 22 ruote mosse dall’acqua “per molini, filatoj ed altri artifizii”.

Nel 1865, a seguito delle nuove disposizioni del Codice Civile del Regno d’Italia, diversi proprietari terrieri si riunirono nei primi consorzi irrigui a cui furono concesse alcune utenze del Canale. Nel 1883 fu costituito il Consorzio Conduttore del Canale demaniale di Caluso che, unificando i precedenti, ottenne la gestione dell’intero tratto. A partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, lungo le sponde del Canale si insediarono numerose attività quali la Manifattura Pagliero, il Setificio di Agliè, la Mazzonis, la Stamperia Blumer che nel 1896 diventò la Tessitura De Angeli Frua e, sul territorio di Caluso, sfruttando una caduta d’acqua da un’altezza di 11 metri, il cotonificio Buchi e la Manifattura meccanica poi diventata Fabbrica di autovetture Itala e infine, dal 1938, FERGAT.

La Legge 984/1977 dispose il trasferimento dei canali demaniali alle regioni; con Decreto Ministeriale 1 agosto 1980, la proprietà del Canale di Caluso fu trasferita alla Regione Piemonte che ne consegnò la gestione al Consorzio. Risale invece agli anni Quaranta del Novecento l’idea di sfruttare le acque del Canale per la produzione di corrente elettrica: oggi sono in funzione 14 impianti dislocati lungo tutto il suo percorso, utili a produrre circa 5.500 kW di energia.