(Fabrizio Dassano)

Nel 1961 Mario Bertotti sul Risveglio Popolare si occupava dei lupi e dei cinghiali e oggi faremo un aggiornamento su quella situazione molto cambiata negli ultimi sessant’anni. Scomparse le grandi foreste che caratterizzavano la pianura del Canavese fino a sei secoli fa, ridotte quelle alpine insieme alla presenza umana sulle alte quote delle montagne, l’aumento delle vie di comunicazione e l’estensione delle superfici coltivate, avevano consentito all’uomo un maggiore controllo del territorio.

Venendo a mancare foreste e incolti, molti animali selvatici non trovarono più il loro habitat naturale. Lupi e orsi, che in inverno lasciavano le montagne per la pianura come facevano i camosci, furono confinati in montagna, riducendosi sempre più. Negli ultimissimi anni invece in pianura l’aumento significativo di cinghiali pare sia stato determinato da un aumento dell’incolto e dalla mancanza di terre coltivate ai margini delle città e dalla ricrescita dei boschi.

Il documento più antico che parla di cinghiali in Canavese risale al 1391 e racconta di un cacciatore di Front che ne aveva ucciso uno nel territorio di Rivarolo e ne aveva consegnato la testa al castellano, Guicciardino de la Balme. Tradizione che trova conferma anche ad Agliè nel 1448: qui il cacciatore che nella battuta avesse ferito o ucciso il cinghiale gli sarebbe aspettata la quarta parte, gli altri tre quarti da dividere tra i partecipanti alla battuta e la testa consegnata al Podestà affinché la consegnasse ai signori. Questo diritto (che nel tempo sarebbe stato sostituito dal pagamento del permesso di caccia) era in uso per tutti gli animali cacciati compresi camosci e stambecchi.

In Valsavarenche, oggi nel cuore del Parco del Gran Paradiso, nel 1300 i cacciatori dovevano versare ai nobili locali e ai conti di Savoia, parte della carne detta quarterium o delle interiora o delle corna, a seconda dell’animale ucciso. A Pont Canavese era prevista un’ammenda per chi non avesse versato il quarterio per ogni orso o stambecco ucciso. Se camosci e stambecchi non erano molto apprezzati, l’orso valeva dieci volte di più, infatti l’ammenda per quest’ultimo era di venti soldi contro i due per la mancata consegna della carne degli ungulati. Sempre a Pont vi è un riferimento alla caccia con la falconeria. Furono i conti di Valperga dal 1547 che introdussero formalmente i permessi di caccia e pesca. Indispen-sabile per cacciare tutte le specie, non era necessario per gli animali considerati “nocivi” come il lupo, i cinghiali e gli orsi.

Alla fine del ‘600 cessano i ricordi scritti su orsi e cinghiali in Canavese che erano ormai estinti. Qualche cinghiale venne ancora catturato ma proveniente dal Basso Piemonte. Uno degli ultimi fu catturato a Balangero nel 1923, caduto nel fossato della centrale idroelettrica, poi lentamente tornarono stanziali negli anni ’70 e ’80 per salire ai giorni nostri a numeri elevati (30.000 sono stimati in Provincia di Torino) con problemi all’agricoltura e agli automobilisti.

Gli orsi invece nel ‘600 erano comuni nelle Valli di Lanzo e nel Canavese e ancora nel 1800 in Valle d’Aosta. Nel 1870 ne fu ucciso uno a Gressoney e un altro in una trappola a fossa disposto poco a monte di Carema. Secondo altre fonti l’ultimo orso fu invece ucciso nell’inverno del 1782. Una sera, mentre la neve cadeva, un forte montanaro di Champoluc, Matteo Brunod, detto “lo rey” (“il re”) per la sua forza erculea, si mise in cammino verso Saint-Jacques: avanzava a stento per la spessa coltre di neve, quando all’improvviso gli si presentò davanti agli occhi un enorme orso, che d’un salto gli si gettò contro e, mentre gli appoggiava sulle spalle le sue larghe zampe anteriori, aprì le fauci per divorarlo. Il montanaro, però gettò la testa indietro per evitare il morso della bestia, poi con le sue mani afferrò l’orso alla gola e la strinse con forza, finché la bestia si accasciò a terra strangolata.

La prontezza di “lo rey” fu l’argomento di tutte le conversazioni, e tutta la popolazione andò a vedere il mostro che aveva messo a dura prova l’abilità e la forza del Brunod. Come trofeo della vittoria, egli inchiodò sulla porta del suo rascard le due zampe dell’orso. Secondo altre fonti invece l’ultimo fu ucciso anni dopo a Morgex. Oggi questo esemplare imbalsamato appartiene alla collezione del Museo regionale di scienze naturali di Saint-Pierre. Ma due anni fa c’è stato l’avvistamento di un orso in Val Sessera nel Biellese e nel 2017 uno presunto a Donnaz.

Il documento più antico che parla dei lupi è del 1251: “Di più è stabilito che ogni persona di Chiaverano che pigliarà un lupo, o una lupa, habbi per ogni lupo, o lupa, soldi dieci et per ogni lupetto soldi cinque” è il primo di una serie esistenti per Ivrea e altri centri canavesani. Uccisioni di bambini da parte dei lupi si registrano nel 1508 lungo il fiume Orco a Gallenga fra Cuorgnè e Valperga (lupi qui regnabant in istis partibus… et interfuebant pueros et infantes).

II 23 ottobre 1633 a Mathi veniva ucciso un ragazzo repentine occisus a lupo voraci e nel 1635 nel medesimo posto una bambina di 14 anni fece la stessa fine. Nel 1728 a S. Maurizio Canavese si fece richiesta di bocconi avvelenati contro i lupi e un branco apparve a Salto Canavese nel 1733 facendo richiedere l’intervento del Gran Veneur, il Direttore delle cacce reali. Nel 1794 a Salto si pagavano premi ai cacciatori che avevano ucciso una lupa.

Ai primi del 1800 aumentarono sulle montagne tra Ribordone e Locana e nel 1806 il maire di Cuorgnè chiedeva al prefetto di Ivrea, Auguste Jubè l’autorizzazione a battute di caccia contro i lupi, finché il medesimo prefetto nel 1808 promosse battute di caccia con premi per debellare il flagello dei lupi.

Oggi i lupi sono tornati spontaneamente in Pie-monte dai primi anni ’90, e secondo Regione Piemonte il gruppo più numeroso è proprio nella nostra regione ove si stimano 33 branchi e due coppie per un totale minimo di 195 lupi. Di questi, 13 branchi e una coppia, sono in provincia di Torino e un solo branco in provincia di Biella.

Negli ultimi sessant’anni numeri e percezioni di questi animali sono davvero cambiati.