(Fabrizio Dassano)
Il Canavese green cambia pelle. Se la canapa ha rappresentato per secoli il territorio, oggi per la città patrimonio Unesco, il futuro sarà nella canna di bambù.
Si, perché si è scoperto che abbiamo già una grossa piantagione di canne di bambù della varietà gigante vicino alla città di Ivrea. Ce lo segnala la stampa nazionale, dalla quale apprendiamo che con il bambù si può fare praticamente quasi tutto: dall’alimentazione alla bioedilizia passando dalle canne da pesca. E poi, diciamocelo, le foreste di bambù sono centri di meditazione ideale. Nella foresta delle giganti canne di bambù potremo vagare meditabondi, magari scorgendo un panda gigante 4×4 arrampicato a mezza altezza.
Infatti, l’altra notizia è che un famoso allevatore di tortore della zona, mi ha fatto sapere che si sta informando su come allevare il panda gigante in Canavese. E noi, possiamo e dobbiamo aiutarlo: Elahe Izadi che si occupa di scienza sul giornale locale “Washington Post” ha recentemente pubblicato un articolo illuminante dal titolo “Il dilemma evolutivo dei panda. Mangiano solo bambù ma non lo sanno digerire: quindi devono mangiarne cinque volte tanto quello che gli serve (con la conseguenza che pensate)”.
Analizzata anche la flora intestinale del panda gigante, la scienziata-giornalista è arrivata a questa conclusione: “I panda giganti, i mammiferi più popolari in Cina e simboli del WWF, mangiano quasi esclusivamente bambù da circa due milioni di anni. La cosa curiosa è che la loro flora intestinale non è adeguata per assorbire tutte le parti del bambù. Secondo uno studio pubblicato da mBio, il giornale dell’American Society for Microbiology, i panda digeriscono solo il 17% dei 13,6 chilogrammi di bambù che mangiano ogni giorno. Questo significa che la maggior parte del bambù mangiato dai panda finisce per diventare cibo non digerito, che viene espulso dall’organismo”.
Dunque il Canavese sarà letteralmente sommerso da una foresta di canne di bambù gigante e… non solo da quella. E fin qui va tutto bene.
Una delle più belle foreste di bambù è quella di Arashiyama, in Giappone, nei pressi di Kioto e copre una superficie di 16 chilometri quadrati. È attraversata da un unico sentiero e il viandante si trova immerso in una distesa immensa di giganteschi bambù che protendono verso il cielo. Le piantagioni raggiungono fino a 50 metri di altezza, creando uno spettacolare scorcio di luce che filtra dalle loro chiome, attirando fotografi e poeti.
Il suono del vento che si addentra e soffia tra le canne rende l’atmosfera ancora più suggestiva e romantica. Non a caso, il governo Giapponese ha classificato la foresta di bambù come uno dei “Cento suoni del Giappone da preservare“.
Un po’ come Ivrea, versione Unesco, con i suoi “Cento rumori da tutelare mentre attraversi la città sul pavè”.
Il paradosso della foresta dei suoni giapponesi è che al centro si trova la Villa Okochi-Sanso, un tempo casa della star giapponese del cinema muto Denjiro Okochi. L’abitazione oggi è stata trasformata in un museo dedicato al famoso attore.
Bene, qui a Ivrea al centro della foresta potrebbe sorgere un centro commerciale di dispositivi contro la sordità o una fontana con le anatre mute.