(Filippo Ciantia)
Ho conosciuto lo scrittore Eugenio Corti nel lontano 1981, durante uno stage formativo presso l’ospedale di Gulu, fondato dal fratello Piero che mi prestò il suo primo libro, “I più non ritornano”, diario della tragica ritirata di Russia; seguirono poi “I poveri Cristi” e “Processo a Stalin”. Nell’83 lessi avidamente “Il cavallo rosso”, monumentale opera che lo consacrò grande scrittore a livello mondiale. Ad esso seguirono “Gli ultimi soldati del re” e “La terra dell’indio”.
Lo scorso 21 gennaio, nel centenario della nascita di Eugenio Corti, è stato sottolineato il suo contributo letterario, civile e umano. Fu un gigante del ‘900, non solo per l’opera colta, originale e inconfondibile, ma soprattutto perché – segnato dalla II Guerra Mondiale – ha saputo lealmente rivelarci, nelle sofferenze familiari e di interi popoli rese attraverso vivaci e realistici racconti, la radice del Male del XX secolo. La sua capacità narrativa ha “decodificato” il genoma del male profondo che ha permesso che ci fossero nel secolo passato due guerre mondiali e almeno quattro genocidi di proporzioni inaudite. È questa la sua attualità: perché non è difficile essere come loro.
“Quella vicenda mi fece toccare con mano la verità di quel che aveva scritto Sant’Agostino millecinquecento anni prima: o si costruisce la città di Dio, o inevitabilmente si costruisce la città del Principe di questo mondo. E decisi che dovevo raccontare quel che avevo visto”.
Raccontando la radice del Male, il cavallo rosso dell’Apocalisse, Corti ci ha regalato “il” romanzo cristiano del ‘900. La vastità degli scenari e il respiro sacro del racconto sono dominati da figure nobili e attraenti, attorno a cui si radunano i soldati e si intuisce una speranza. Ambrogio, Michele, Manno, Alma, non sono immaginari e il beato Carlo Gnocchi non fu solitaria figura di quel secolo. Erano l’emergere del popolo cristiano.
Di fronte alla tragedia della pandemia, la moglie Vanda ha ricordato il brano più attuale del primo romanzo di Eugenio. Nel pieno del combattimento, lo scrittore è colpito dalla bellezza dell’apparire di un volo di farfalle: “Che bene per noi che le farfalle esistano”.
Anche nel nostro secolo, il popolo cristiano ci doni occhi stupiti per accorgerci che le farfalle esistono, ancora.