(Fabrizio Dassano)
L’ex direttore della biblioteca civica “Costantino Nigra” di Ivrea, Giuseppe Fragiacomo, storico e ricercatore, ha recentemente portato alla luce presso l’Archivio di Stato di Torino, e messo gentilmente a disposizione del sottoscritto, una copia a stampa di poche pagine di un singolare testo teatrale dal titolo: “Il compleanno rispettoso omaggio d’auguri degli alunni del collegio d’Ivrea ad Augusto Jubé, barone della Perella, Prefetto della Dora” scritto dal professore di Umanità Inferiore del collegio eporediese, Padre Michele Ponza “Accademico irrequieto di Chieri, costante d’Italia etc,” La data di stampa indicata è quella del 31 dicembre 1811 nel Palazzo dell’Accademia in Torino da Vincenzo Bianco.
Non sappiamo esattamente dove andò in scena lo spettacolo degli studenti per il quarantaseiesimo compleanno del prefetto, forse al teatro ricavato nel 1802 dalla ex-chiesa del Gesù, ma probabilmente siamo davanti al primo testo teatrale scolastico di Ivrea noto. La peculiarità è quella che gli attori sono i medesimi studenti e portano i loro veri cognomi sul copione. Il testo celebrativo, riserva alcune interessanti figure tipiche del I impero neoclassico che magari vedremo in dettaglio una prossima volta.
Auguste Jubé era nato a Dourdan, (Eure-et-Loire), l’ultimo dell’anno 1765. Chi era questo personaggio? Ufficale di marina, fu addetto all’amministrazione della marineria a Cherbourg, aderì alla rivoluzione e divenne capo della I legione delle guardie nazionali della Manche, poi ispettore generale delle coste nel 1794. Venne nominato aiutante generale nel 1796 e il 18 brumaio (9 settembre 1799) si trovò al posto giusto al momento giusto: comandante della guardia del Direttorio durante il colpo di stato di Napoleone, contribuì alla riuscita di quell’azione.
Così Jubé ricorda la concitazione di quelle ore: “Bonaparte e Sieyes mi ricevono nella biblioteca di quest’ultimo. Il generale e il direttore ed io, ci sediamo l’uno accanto all’altro e Bonaparte subito mi parla e mi schiaffeggia sulla coscia: – Bene, Bene! Generale posso contare su di voi?”. Come ringraziamento Jubé entrò subito a far parte della guardia consolare agli ordini di Murat.
Personaggio estremamente intelligente, fece parte del tribunato, una delle tre assemblee insieme al corpo legislativo e al senato conservatore secondo la Costituzione dell’anno VIII.
Nel 1807 – soppresso da Bonaparte il tribunato – fu nominato comandante della Legion d’honneur e l’imperatore lo destinò prefetto al dipartimento della Dora il 30 maggio 1808 fino al 12 marzo 1813, quando prese servizio alla prefettura del dipartimento di Gers, il cui territorio faceva storicamente parte della Guascogna e oggi è compreso nella regione Occitania (Languedoc-Rous-sillon-Midi-Pyrénées) Nel 1810 venne creato barone dell’impero con l’appellativo “de la Perelle”.
Con la restaurazione rimase nell’esercito e divenne storiografo al deposito generale della guerra. Ottenne nel 1816 il grado di maresciallo di campo e mori nel 1824 a Dourdan. Scrisse in quei pochi anni rimasti numerose opere tra cui “ Storia della delle guerre dei galli e dei francesi in Italia” poi il “Tempio della gloria” cioè i fasti militari francesi dal tempo di Luigi XIV fino all’epopea napoleonica. Recentemente Andrea Bertolino ha portato alla luce una lettera di Jubè che da prefetto, criticava pesantemente gli amministratori del comune di Ivrea in grave ritardo nell’adempiere ai dettami del decreto imperiale del 23 fiorile dell’anno XII (12 giugno 1804), noto anche come editto di Saint-Cloud, e cioè la realizzazione di un cimitero comunale al di fuori delle mura cittadine per motivi igienico sanitari e di rispetto di tutte le sepolture.
A Ivrea il cimitero venne costruito dopo la caduta di Napoleone, nel 1819. Altra opera di Auguste Jubé che utilizziamo ancora oggi, fu la realizzazione della strada a rettifilo Caluso – Chivasso, allora Route n. 91, attuale strada statale n. 26, oggetto di nuovi lavori d’ampliamento. Jubé pubblicò gli avvisi d’appalto a Ivrea il 7 febbraio 1811 e l’opera non doveva superare il costo di 39.105 franchi.
Malgrado la caduta di Bonaparte, Auguste Jubé ebbe ancora modo di frequentare a Parigi un italiano illustre: Alessandro Manzoni. Già dal 1817, Manzoni pensava di ritornare a Parigi, luogo felice della giovinezza ove sperava di poter guarire dalle crisi di nervi di cui soffriva. I preparativi per la partenza, però, furono sempre rimandati a causa della difficoltà di ottenere i passaporti da parte delle autorità austriache sospettose di quel giovane intellettuale. Solamente nel 1819 Manzoni li ottenne, e con l’intera famiglia partì per la Francia il 14 settembre. Nella capitale francese, Manzoni frequentò lo storico Augustin Thierry e il filosofo Victor Cousin.
La conoscenza di Thierry ebbe un’influenza importante sulla concezione manzoniana della storia, e una certa rilevanza ebbe anche lo spiritualismo di Cousin. Impegnato nella revisione del “Conte di Carmagnola” viveva con la moglie e i cinque figli, nell’appartamento al 66 di rue Neuve de Seine. Manzoni casualmente era il nuovo vicino di casa del generale Auguste Jubé che faceva salotto di lunedì al quale partecipavano le donne del Manzoni mentre lui ci andava gli altri giorni, quando c’era solo il generale, perché “menava vita ritiratissima”.
Manzoni, però, non trovò giovamento dal soggiorno parigino: le crisi di nervi non erano passate, e cominciava a provare nostalgia di casa. Pertanto, dopo appena un anno, il 25 luglio partì da Parigi con tutta la famiglia per rientrare a Milano l’8 agosto.
Ma di questa storia manca ancora qualche notizia sull’autore del copione di Ivrea: Michele Ponza nacque a Cavour nel settembre 1772. Prese i voti molto giovane, divenendo sacerdote. Fu a lungo maestro di grammatica e prefetto delle scuole di Porta Nuova a Torino; molto impegnato come autore di testi scolastici, prese parte alle discussioni pedagogiche dell’epoca: aperto alle novità che provenivano dal regno asburgico, amico e collaboratore di Antonio Rosmini, promosse l’uso di nuovi manuali per le scuole elementari sul modello di quelli lombardi di Tommaso Grossi, Giovanni Berchet, Carlo Cattaneo.
All’epoca, dopo le norme in materia di istruzione promulgate da Carlo Felice nel 1822, che istituivano scuole comunali gratuite per insegnare lettura, scrittura e catechismo, vi era un metodo di insegnamento arcaico, stando a come lo descrisse lo stesso Ponza. Le sue idee pedagogiche non gli resero la carriera di insegnante sempre tranquilla: nell’anno 1813-14 Prospero Balbo, rettore responsabile della Istruzione del territorio, lo dispensò dall’incarico dell’insegnamento di umanità presso la scuola secondaria di Ivrea, trasferendolo più vicino a Torino, per controllarlo meglio. Testimonia la sua apertura ideologica, il necrologio di Luigi Cibrario, che allude alle sue estrosità politiche: Adolescente piuttosto ché giovane vestì l’abito dei Cappuccini. Balestrato poscia in mezzo alla tempesta rivoluzionaria, ebbe comuni con molti uomini d’alti spiriti alcuni degli errori di quella età; ma la schiettezza e la generosità del suo cuore temperarono allora e sempre le prime conseguenze d’un’indole subita e alquanto risentita.
Oggi sappiamo che con il testo di Ivrea, dedicato al prefetto Jubé, si era perfettamente schierato con il potere napoleonico nel Piemonte annesso alla Francia. Visto l’insuccesso scolastico Ponza si impegnò nella produzione di manuali e dizionari di piemontese-italiano.
Pubblicò una Grammatica italiana a Torino nel 1831, in quattro volumi, strutturata in domande e risposte da ap-prendere a memoria. Opere più prettamente didattiche furono: Dei primi maestri dei giovanetti, ossia esercizi teorico-pratici di Pedagogia (Torino 1828) e il Ma-nuale del maestro e dello scolaro di terza, di quarta, di quinta, di sesta, ossia metodica per insegnare e apprendere i principi della lingua latina (Torino 1838, in 4 volumi).
Fu anche appassionato studioso della grammatica e della lingua piemontese: fondò la rivista l’Annotatore piemontese, o Annotatore degli errori di lingua, o Giornale della lingua e letteratura italiana, a cui lavorò per quindici anni dal 1829 al 1845, e di cui fu anche direttore.
Il periodico aveva lo scopo di promuovere fra i cittadini lo studio e il buon uso della lingua italiana, prefiggendosi anche di contribuire alla diffusione dell’istruzione e al rinnovamento della didattica scolastica. La rivista prendeva a bersaglio, tra l’altro, i frequenti errori (dialettalismi, regionalismi) riscontrati nella stampa periodica e nelle insegne pubbliche. Nonostante il clima di ostilità al dialetto nel Piemonte dell’epoca, il purista Ponza ne considerò legittimo l’uso per predicare in villaggi in cui non si parlava italiano.
Il Vocabolario di Ponza fu stampato (in fascicoli) a Torino nel 1826 ed ebbe dieci edizioni, con modifiche, tra il 1826 e il 1877. Morì a Cavour il 18 novembre 1846.