La settimana scorsa abbiamo scritto del coraggio di chiedere aiuto. Ma le richieste di aiuto devono trovare chi le sa cogliere: persone in grado di tendere l’orecchio e aprire la mente ad un ascolto profondo, empatico, privo di giudizi o di risposte preconfezionate.
Sapere, volere, poter ascoltare. È una dote, una capacità innata quella di cogliere i messaggi profondi dietro l’espressione verbale: è mettersi nei panni di chi chiede aiuto, è non spaventarsi e non perdere se stesso nell’accogliere il dolore dell’altro, è entrare nel mondo interiore di chi parla, è capire ciò che non viene detto, è leggere i movimenti e le espressioni del corpo. Chi è capace di un ascolto autentico non banalizza le richieste di aiuto e le difficoltà altrui, non sminuisce i sentimenti, non si oppone con soluzioni improbabili ma traduce e aggiunge significati a quelle richieste per cercare, insieme, una soluzione.
L’ascolto profondo non è appannaggio di chi ha già le competenze; si può acquisire con la corretta curiosità verso la vita delle persone, verso il significato delle cose. Certo, ci si attende che in alcuni contesti sensibili – a scuola, sul lavoro, negli ospedali e nei servizi alla persona – ci siano persone competenti nell’ascolto. In ogni luogo possono sorgere richieste di aiuto, e chi ascolta dovrebbe garantire il massimo dell’attenzione, riconoscere lo sforzo, il costo di quella richiesta e offrire una risposta e un sostegno forti e capaci.
Bisogna evitare la deresponsabilizzazione di fronte ad una richiesta di aiuto e questo è compito di tutti, in ogni contesto: nessuno dovrebbe pensare che non è affar proprio, che la fretta e la mancanza di tempo non permettono di offrire ascolto. Perché ascoltare un grido di aiuto è anche avere il coraggio di fermarsi, non fosse altro per accompagnare verso chi quell’ascolto è in grado di assicurarlo professionalmente.
Soprattutto in seguito a tragedie che sembravano straordinariamente annunciate, si sente dire che la vittima aveva provato a raccontare, a parlare, a scrivere, aveva tentato di mandare un messaggio che però non è stato ascoltato.
Accendiamo i nostri sensi per ascoltare con attenzione chi chiede aiuto, affinché non perda quell’unico filo di speranza che lo univa con un’idea di salvezza.