I bimbi crescono, le mamme imbiancano. E con l’avanzare dell’età, come cantava Cutugno, invecchiano pure. Tanto che è spesso necessario trovare loro una colf o badante, perché oggi si va in pensione a 67 anni (quando anziani sono già anche i figli), strappando all’orario lavorativo il tempo per l’ospedale, per le medicine, per le visite mediche, per i vaccini…
Trovata la badante, nei primi giorni che ti trovi a tu per tu con tua madre che ha dovuto lasciare la sua casa, a tu per tu con la badante che ha lasciato la sua, a tu per tu con la Penny-cane che ti guarda smarrita, tutto ciò che consideravi tran tran quotidiano viene sconvolto. Così non potrai dire che la tua vita regolata ti induce alla noia.
L’iniziale imbarazzo lascia spazio alle necessità di adattamento a questo nuovo trend domestico. La badante mi chiede cose a cui non so neanche bene rispondere. È una resa incondizionata. Mi rifuggo in qualche situazione di storia che mi è più congeniale, tanto per sondare il terreno. Marianna racconta del periodo del comunismo in Albania, quando praticamente gli albanesi erano segregati e alla fame nella propria patria, senza possibilità di spostarsi: era vietato andare in Grecia e in Italia. Poi la fuga come migranti economici per l’illusione di una nuova vita in questo Occidente diventato povero ma luccicante.
Per risponderle vado più indietro nel passato: le dico che mio nonno nel ’40-‘41 era stato da quelle parti per spezzare le reni alla Grecia, salvo poi doversi ritirare in Albania inseguito dai greci, perché la guerra del Duce nei Balcani fu una sanguinosa pagliacciata. Lei ride, mi dice che sua madre raccontava dei giovani soldati italiani che si sentivano i padroni, entravano nelle case e portavano via tutto il cibo: cercavano soprattutto uova e carne, perché il rancio dall’Italia non arrivava.
Cambio discorso: le chiedo se sa accendere la stufa a legna e lo fa in un attimo. Dopo la parentesi del dito del piede rotto, e una bella cinque giorni in ospedale per mia madre, posso tornare a lavorare più o meno tranquillo.
Fortunatamente in tutta questa vicenda dell’infortunio ho capito che almeno i giovani medici usano WhatsApp e e-mail e riesco a fare tutto al telefono e al pc, cioè spostare la terapia di mia madre dall’ospedale di Chivasso a quello di Ivrea. Ormai parlo solo più di ospedali, mi sento quasi un paranoico paramedico e mi rendo conto che tutti gli anziani smettono di parlare del tempo meteorologico per parlare di ospedali e medicinali. Aspetti diversi dell’allungamento della vita media. È tutto un mondo nuovo che si staglia all’orizzonte del mio futuro.