Ad un certo punto, l’altro ieri pomeriggio, nella snervante coda delle 17 sul Lungo Dora un lancinante dolore mi assale. L’alluce del piede sinistro, ogni qualvolta premo il piede sul pedale della frizione mi fa vedere letteralmente le stelle. Questa tortura si consuma nel tragico codone di auto che procede bruciando inutilmente benzina e ferodi di frizioni e freni.

Il dramma è all’apice. Mi chiedo prima di perdere i sensi cosa cavolo mi sta succedendo. Il giorno prima, mentre ero a sradicare le piante ormai rinsecchite dei pomodori, mi era caduto accidentalmente dalla mano un forbicione che terminava la sua corsa sul mio piede. L’urto mi aveva provocato nulla più che un dolorino e mai più avrei pensato all’epilogo che ora vi racconto: l’apoteosi del dolore in auto, l‘infermità in casa e una notte in bianco.

Col trascorrere delle ore notturne avevo sempre più male e tenevo il piede fuori dalle coperte per raffreddarlo (una eventuale influenza al piede non è comunque gradevole) in quanto calore e dolore erano ormai proporzionali. Negli stati di dormiveglia sognavo d’esser condannato all’amputazione dell’arto e un po’ mi spiaceva: fino ad ora ne hosempre avuti due, e ritrovarmi con uno solo forse potrebbe non bastarmi.

Insomma, ieri mattina dopo essermi penosamente mosso tra le stanze di casa e vestito, non ho proprio potuto fare a meno di recarmi al Pronto Soccorso. Poiché non ero in pericolo di vita, stimavo che sarei passato tra le 10 e le 14 ore successive. Invece il miracolo: entrato nell’anticamera del Pronto reggendomi su un bastone da anziano, sono subito stato messo in una sedia a rotelle, fatto entrare al triage in tre secondi, fatta la lastra e avuto il tragico responso: trauma da schiacciamento a carico del I° dito del piede sinistro.

Un’infermiera afferra la carrozzella e inizia spingere ma non ci muoviamo di un centimetro. “Ma c’è il freno?”, si domanda mentre controlla le ruote; poi mi guarda e, sempre ad alta voce, si risponde: “Non c’è il freno, è lei che è pesante”. Collaboro spingendo sulle ruote con le mani; prendiamo il via e persino guadagniamo velocità tra i corridoi dove io faccio strada con il mio bastone, come un cavalleggero lanciato al galoppo sciabolando a destra e sinistra. L’ascensore sta per richiudersi ma io conficco il bastone tra le porte come se fosse un mostro e queste si riaprono. Recita il verbale: “Si applica bendaggio consensuale da mantenere per 2 settimane”.

Ho cronometrato i tempi: sono entrato alle ore 9:26 (triage) e sono stato dimesso alle 10:25. Sogno nella notte dolorosa o son desto in carrozzella?