Mi sono trovato per il ponte lungo con un gruppo di amici in Lunigiana nella zona del parco archeologico dell’antica città romana di Luna (oggi Luni) fondata nel 177
a. C. da Marco Emilio Lepido. La bella spiaggia a poca distanza, è stata il giusto corollario.

Dal nome della colonia deriva quello di Lunigiana, comprensorio racchiuso fra le province della Spezia e di Massa-Carrara e attraversato dal fiume Magra e dalla strada statale 62 della Cisa, potenziata da Napoleone Bonaparte, sul vecchio tracciato della via Francigena. Domenica, all’ora di partire per rientrare a Ivrea, i vari navigatori degli amici avvisano che l’autostrada è intasata e il traffico bloccato; anche l’osservazione visiva da sopra un cavalcavia ce lo confermava.

Imbocchiamo così l’Aurelia per tentare di avvicinarsi ad un successivo casello e vista l’ora decidiamo di mangiare un boccone, per far smaltire il traffico e fare il pieno di carburante. Incontriamo una pattuglia di Carabinieri e chiediamo lumi sulla situazione; l’autostrada è bloccata, ci dicono, consigliandoci di andare a prendere “la Cisa”, direzione Parma. In effetti è l’unica soluzione per tagliare il nodo di Genova e attraversare l’Appennino alla cesura tra quello tosco-emiliano e quello ligure.

Imbocchiamo la via sotto lo scrosciare della pioggia e iniziamo a salire in quella che rispetto l’autostrada è una stradina. C’è anche un cartello beffardo che recita “Albiano” ma è Albiano di Magra, una frazione di Aulla. Ad un certo punto incontriamo un casello, ma siamo in coda e per di più nella corsia di sinistra: tocca chiedere strada per poter deviare tutto a destra, tra gli improperi degli altri conducenti. Lentamente, ma si cammina, in fila, con pazienza e con quella felicità che dura troppo poco perché poco più avanti c’è un incidente. Di nuovo fermi! Passa il tempo. Continuiamo a scolarci bottigliette d’acqua mentre il passo riprende alla supersonica velocità di 10 Km all’ora e anche a singhiozzo.

A mezzanotte usciamo al casello per Berceto e riprendiamo la 62 della Cisa. Siamo sulla via Francigena, proprio quella che passa da Ivrea… Mano a mano che saliamo di quota, a mezzanotte e tre quarti, sbattiamo il muso contro un muro di nebbia nella piena foresta. Oltre tutto davanti abbiamo un camper che arranca lentissimo tra i mille tornanti. Meno male che l’aveva restaurata Napoleone Bonaparte la strada! Siamo a gli oltre mille metri, è buio, c’è la nebbia, fa freddo. Cos’altro chiedere alle 2 del mattino?

Magari un autogrill dopo essere rientrati in autostrada. Già, un autogrill per poterci precipitare ai bagni e poi bere tanto caffè per riuscire a tenere gli occhi aperti. Ma il barista ci dice che la macchina del caffè è ko! Ma come? In un autogrill? In piena notte, fredda e buia? In quella giornata hanno fatto più di cinquemila caffè e la macchina non ce la fa più, quasi come noi. Prendiamo cioccolatini ripieni al caffè e ripartiamo dopo aver rifiutato la consolazione della “coppa del nonno” come alternativa all’espresso che resta un sogno. E i sogni, si sa, funzionano meglio di notte.

Si riparte si prende l’innesto per Piacenza, e poi la Gravellona Toce-Alessandria. Alle tre e un quarto valichiamo il confine lombardo-piemontese. Quando per gli altri è quasi l’ora di svegliarsi noi arriviamo ad Ivrea, dopo questa lunga cavalcata sull’Appennino al buio, al freddo, nella nebbia.