Al peggio non c’è mai limite, si dice. E in effetti l’imbarbarimento del linguaggio dei meteorologi, o meglio, l’uso terroristico che si fa della parola, la dice lunga sulla svolta “orrorifica” dei tempi. Traspare tuttavia un cresecente ed eccessivo senso del sadismo nei padri delle allocuzioni meteorologiche prescelte per designare le sempre più cupe previsioni del tempo. Una volta bastavano dei semplici numeri, delle frecce sulle carte geografiche, oggi no: bisogna spingere sull’acceleratore del clamore ad ogni costo, bisogna alimentare quotidianamente il senso perenne di immane tragedia che ci deve sempre coinvolgere, giorno dopo giorno.
E conservare un po’ di dignità? In fondo anche durante l’affondamento del Titanic, l’orchestra continuò a suonare fino alla fine! La fine! Dopo la rubrica del meteo, la caduta del governo tecnico, lo spettro dei “traditori”, dello spread, del nuovo costo del denaro, l’avanzare della destra sulla spaccatura a sinistra e altre crudeli amenità, rendono le immagini della follia di un quadro di Francisco Goya.
Il continuo senso del pericolo che ci viene quotidianamente instillato sembra preludere a una sempre meno metaforica caduta continua verso il basso, verso l’inferno. Anche i tralicci della corrente elettrica mettono paura, da sempre, con quei loro cartelli di “Morte! Pericolo! Attenzione!” Praticamente se ci facciamo prendere dalla narrazione mediatica è come vivere attaccati ad un traliccio dell’alta tensione sotto un temporale pieno di fulmini!
A proposito… è piovuto! Anche se diranno che non è servito e che anzi, il terreno non assorbe etc etc.
Però è piovuto, accidenti! Quindi vorrà dire che il Creatore ci ha ancora mandato dell’acqua! Ma questo non ha importanza nella narrazione del contemporaneo.
Perché l’importante sembra essere far passare il concetto del: “tanto non ce la faremo mai!”.
Un tempo si diceva che mantenere il popolo nell’ignoranza giovava alla classe dominante; oggi si potrebbe dire che mantenere il popolo nella sensazione di estremo pericolo giova a rendere l’esistenza di tutti più triste.
L’abuso della parola non porta grandi frutti, perché impoverisce e mistifica il linguaggio stesso. Nasconde la realtà. E con la campagna elettorale che sta partendo ne vedremo delle belle, ma soprattutto ne sentiremo di davvero grosse!
Nel frattempo consoliamoci con un’altra botta di caldo con “Apocalisse 4800”, dove il numero sta per l’altezza sul livello del mare dello zero termico. Ovvero tutti i ghiacciai della Alpi saranno in fusione. L’Apocalisse appunto.
Ma se per un caso del destino dovessimo mai vivere una perturbazione con precipitazioni nevose, anche in pianura, diciamo intorno a dicembre o gennaio prossimi, come la chiameranno i meteorologi? La “Morte Bianca”? “L’Inferno di Ghiaccio”?