Il giorno in cui è tornato improvvisamente il freddo dopo la lunga estate, ero andato in una vicina cittadina per incontrare, dopo molto tempo, il famoso mio ex vicino. Mi aveva scritto una missiva piuttosto chiara: voleva vedermi per consegnare un plico composto di poche lettere a me destinate e che il postino per errore aveva infilato nella sua buca, adiacente la mia.

Stupito da tanto senso civico da parte sua, confesso che però un sottile tremito aveva percorso la mia schiena; chi era il mittente di quelle lettere? Forse lui stesso? Non sarebbe stata la prima volta: me lo ricordo ancora bene, nei tempi immediatamente precedenti la sua fuga verso l’eremitismo, quando all’imbrunire, incappucciato si spostava furtivamente con delle scatole di cartone bucherellate che contenevano delle galline…

Ad ogni modo, armatomi di coraggio, nel fatidico giorno mi sono vestito con una giacca un po’ più pesante del solito e mi sono fatto accompagnare dalla recalcitrante Penny-cane al guinzaglio, sperando di incutergli più timore con la “belva” al mio fianco. L’appuntamento era al culmine della via centrale della città prescelta e per raggiungerlo passeggiavo disinvoltamente tra la poca gente già infreddolita e avvolta dal primo buio serale.

Come d’incanto, tra questa poca gente vidi in lontananza il volto di Giggì, un vecchio amico che camminava in senso opposto al mio, incuriosito dalla vetrine spente. Il mio umore si fece subito meno cupo e il peso sinistro dell’appuntamento coll’ex vicino si stava alleggerendo. Stavo per salutarlo, sebbene fossi impegnato in una telefonata al cellulare, forse ci sarebbero state anche due parole di convenevoli… quando improvvisamente il suo volto assunse un’espressione neutra, come se non mi riconoscesse, e invece di venirmi incontro, come da sempre era accaduto, fece incredibilmente dietrofront, allontanandosi di corsa, nascondendosi repentinamente in una via laterale.

Lo vidi controllare con mezza testa fuori dall’angolo se io procedevo verso di lui. Non voleva incontrarmi; anzi voleva proprio sfuggirmi! Strano, io non gli dovevo nulla e lui non doveva nulla a me. Mi venne allora il dubbio che mi fosse capitato qualcosa al viso tanto da renderlo irriconoscibile e mi specchiai in una vetrina, ma la mia faccia era sempre quella. Cosa gli stava succedendo?

Proseguii per l’appuntamento coll’ex vicino, malgrado una certa incredulità e un senso di imbarazzo (più per lui – fuggitivo – che per me, a dire il vero). “Cosa mai gli sarà preso?” mi domandavo continuamente. Dopo pochi metri, sotto al portico dell’appuntamento, peraltro scarsamente illuminato, vidi invece lui, il mio ex vicino. Lo riconobbi dal pacchetto di lettere che teneva sotto il braccio ed ebbi un altro fremito d’inquietudine perché quell’uomo non si era mai dimostrato amico.

Si avvicinò mormorando a bassa voce: “Ecco le tue lettere, ti ho disturbato perché non mi sembrava bello se qualcosa di urgente fosse rimasto ignoto al destinatario di queste missive”. Le afferrai e ringraziai con voce asciutta, e abbastanza turbato tornai sui miei passi ripensando più al fuggitivo che all’ex vicino e a quanto mi era accaduto.

Ero come entrato di colpo in un’altra dimensione: chi era, a questo punto, l’amico e chi era il nemico? Guardando la Penny-cane mentre risaliva in auto, pensai ad Esopo, il narratore greco nato nel 620 a. C. e alle sue favole con gli animali che rappresentano i comportamenti umani; da qualche parte scriveva che “un amico incerto è peggio di un nemico dichiarato”.