“La bagna cauda smarrita” potrebbe essere il titolo di un breve giallo d’inverno. Il suo profumo impregna l’aria, i colori delle verdure abbelliscono quell’intingolo dal sapore antico e sapido. In questo inverno, poco inverno, avrei voluto sedermi a tavola di fronte al vasetto di terracotta con la candela accesa all’interno che proietta sul tavolo un gioco d’ombre cinesi. E invece…
Quanti anni sono passati dalla mia ultima bagna cauda! Non saprei contarli, ma so che sono tanti e ogni anno che passa è una lasciata che non si recupera. E io sono sempre in ritardo a reclamarla: spesso mi capita di sentirmi dire, al ristorante, che non la servono più a questo punto della stagione, perché è un piatto autunnale… È allora che mi rendo conto di aver perso un altro anno senza la bagna cauda.
Commosso dalla mia tristezza un amico mi è venuto in soccorso. ( o almeno credevo mi venisse in soccorso!). Di fronte a questo mio desiderio recondito, il sodale prenota una “bagna cauda alpina” per due e io inizio il mio personalissimo conto alla rovescia. Due giorni prima del fatidico evento, ecco arrivare la disdetta per “causa di forza maggiore”. Ma che forza? E che maggiore? Reprimo rabbia e desiderio, delusione e acquolina.
E rifletto squinternato dalla mancata sbornia. Assodato e confermato che la bagna cauda è un piatto invernale, allora dovrei trovarlo teoricamente fino al prossimo 20 marzo, quando finirà l’inverno. Invece, complice forse il cambiamento climatico, lo spostamento dei poli magnetici, la vittoria del centro-sinistra alle regionali in Sardegna… la bagna cauda in Piemonte non pare più sopravvivere al passaggio dell’anno nuovo, se non in rare situazioni conviviali di gruppo e decisamente in ombra rispetto al prosperare dei fagioli grassi di carnevali che terminano a Pasqua. Ingiustizie culinarie!