Sono stato via per 4 giorni, in Francia, con un gruppo di amici. Staccati mente e telefono per 102 ore consecutive! Sono occasioni rare, da prendere al volo, se uno ci riesce.
Uscito dal lavoro venerdì scorso, vado alla stazione ferroviaria di Ivrea per prendere “L’ultimo treno per Yuma” (cioè per Torino) alle 21,40. Solo alle 01,40 sarebbe partito il bus per Lione, il cui capolinea è davanti al grande Palazzo di Giustizia di Torino. Tre ore d’attesa, in realtà piacevoli per via di essere casualmente dentro la movida di zona. Giovani ovunque che animano i locali, nei prati di quella zona di Corso Vittorio Emanuele.
Il terminal di queste linee di autopullman che si distribuiscono in tutta Europa, è un lungo marciapiede con sei panchine di legno. A contendersele, c’è gente che va a Parigi, a Budapest o che arriva da Barcellona, da Bucarest e da Londra. Meno male che non piove!
Scocca l’ora e puntualmente arriva anche l’autobus verde; direzione Clermont Ferrand. Salgo fiducioso e non trovo il mio posto a sedere. Al controllo l’autista mi chiede la carta d’identità. Il panico mi assale: con me ho solo la patente e la tessera di un supermercato.
Dico che devo proprio partire… lui mi risponde che mi fa salire ma al controllo di frontiera i francesi mi butteranno fuori. Corro il rischio. Verso le 4 di mattina ecco il controllo ma si limitano al vano bagagli, stando almeno ai rumori che sento arrivare fino in cabina. Mi sento come si deve sentire un profugo oggi.
Arrivo a Lione alle 6,15 in un vero terminal al chiuso e trovo la coincidenza per Barcellona, ma io scenderò a Nimes dove il gruppo mi aspetta. Arrivo alle 11 e dopo una notte – diciamo sconquassata da un lungo viaggio in bus – mi godo la passeggiata dalla fermata al centro città, entrando nel cancello principale dei Jardins de la Fontaine circondati da un largo canale tra fontane e rovine romane.
E qui comincia un’altra bella storia…